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Ultimo aggiornamento: 15:36 del 12 Aprile 2017

DL Minniti, Manconi (Pd): “Un grado di giudizio in meno per richiedenti asilo non è accettabile”

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Dopo l’approvazione definitiva di uno dei due ‘Decreti Minniti‘, quello che contenente le nuove norme per i richiedenti asilo, per il quale il senatore del Partito Democratico, Luigi Manconi, non aveva votato la fiducia; oggi in Senato, è la volta del secondo decreto, quello contenente ‘misure per la sicurezza delle città‘ e per il quale ancora Manconi, dichiara al fattoquotidiano.it, non voterà la fiducia posta dal governo, perché tra le tante norme: “s’introduce la ‘fragranza differita’: un ossimoro perverso. Una grave deroga al nostro ordinamento e quello che mi preoccupa è che lesioni così profonde al nostro sistema giuridico, vengano accolte con tanta superficialità senza la consapevolezza che si sta mettendo mano a principi fondamentali del nostro apparato di diritti e di garanzie, che riguarderà tutti noi: non gli stranieri, i writers o i senza fissa dimora, ma alla fine colpiranno tutti i cittadini italiani”.

Sulle nuove norme per i richiedenti asilo, che per accelerarne l’iter, il governo ha previsto di eliminare un grado di giudizio, l’appello, Manconi afferma: “Non è accettabile. S’introduce di un diritto etnico, una deroga a svantaggio di una categoria particolarmente debole: i migranti”. Manconi esprime dubbi anche sul superamento dei CIE, (Centri di Identificazione ed Espulsione) a favore dei Centri permanenti per i Rimpatri, i Cpr: “al momento su questo c’è solo la parola del Ministro. A parte questo non abbiamo nessuna garanzia che questo avverrà ed a mio avviso, i Cpr sono destinati ad essere la riproduzione dei CIE. Nel 2016 i rimpatri sono stati meno di seimila, non perché mancassero i CIE, ma perché l’operazione di rimpatrio è molto difficile e complessa ed invece la si presenta come una ricetta miracolosa – e per spiegarla, Manconi fa l’esempio dell’attentatore di Berlino, Anis Amri – dopo essere stato in un carcere italiano e dopo esser transitato per un CIE, venne espulso dall’Italia, ma non fu rimpatriato in Tunisia – Paese con il quale l’Italia ha un accordo bilaterale per i rimpatri da decenni – perché la Tunisia non volle riconoscere il suo connazionale. Il rimpatrio – conclude Manconi – va utilizzato, ma se noi se ci affidiamo solo a questo strumento verremo delusi ancora una volta”.

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