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Mafia Capitale, la verità di Buzzi: “Io e Carminati come Totò e Peppino. Le tangenti? Eravamo di lotta e di governo” - 2/7

Ricatti, pezzi di storie di un passato grigio piombo che riemerge, potere e soldi, soldi per il potere. È la città che racconta ai giudici l'ex ras delle cooperative, imputato per 416 bis. L'imputato parla della corruzione, ma cerca di attenuare l'aura oscura intorno a lui e all'uomo considerato dai pm di Roma il capo dell'organizzazione
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Roma, 2008: arrivano i fascisti
Ci sono diversi livelli nel complesso e lunghissimo racconto di Salvatore Buzzi, durato fino ad ora più di venti ore. C’è lo spartito della contabilità in nero tenuta da Nadia Cerrito, ricostruita nel dettaglio dall’avvocato Diddi e depositata nel corso dell’udienza. Versamenti per poco più di 700mila euro concentrati nei due anni di indagini finiti negli atti del processo, il 2013 e il 2014. Ci sono i versamenti a Carminati, diventato socio delle coop di Buzzi. Ci sono le “dazioni” ai politici. Di destra, come Panzironi, l’amministratore di Ama all’epoca di Alemanno. E di sinistra, come D’Ausilio e Nucera, rispettivamente l’ex capogruppo Pd in consiglio comunale e il suo stretto collaboratore. Ci sono i soldi per la festa de l’Unità, quelli per il “tesseramento Pd”, quelli per Odevaine. Una parte di quel fiume di soldi usciti dalle casse delle cooperative fondate negli anni ‘80 da Salvatore Buzzi, l’enfant prodige della sinistra capitolina che è stato in grado di trasformarsi da imputato condannato per omicidio in imprenditore sociale di successo, a capo di più di duemila dipendenti. Una macchina che a Roma macinava voti, consensi e soldi.

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