6 febbraio 2017: giornata senza telefono, non importa quanto smart. Perché si sta esagerando, forse. Anzi no, niente forse. Si esagera. Troppi genitori, troppo spesso si occupano più del loro smartphone che dei loro figlietti.

Vanno a prendere i piccoli al nido o all’asilo, non chiedono come è andata la loro giornata, ma rispondono all’ultimo sms. I bambini hanno bisogno dai loro genitori di attenzioni, contatto fisico, complimenti, incoraggiamenti. Troppo spesso si trovano in competizione con le loro protesi tecnologiche.

Quando è stata l’ultima volta che avete giocato, non dico un pomeriggio, ma un paio d’ore con i vostri figli senza gettare uno sguardo allo sciocco schermo del cellulare. Non è vero. Lo schermo non è sciocco: chi lo guarda lo è. Il cellulare ha preso il controllo delle nostre vite. Lo sappiamo, ce ne rendiamo conto e non facciamo nulla per cambiare le cose. Un’indagine realizzata dalla AVG Technologies nel 2013 su un campione di 6117 coppie di genitori di figli di età compresa fra gli 8 e i 13 anni ha evidenziato come il 50 per cento di loro ammette di lasciarsi distrarre dal cellulare mentre hanno a che fare con loro; il 36 per cento lo consulta durante i pasti; il 28 per cento ci giocano insieme. Dal canto loro, il 45 per cento dei figli dichiara che i genitori si occupano troppo dei loro telefoni e il 27 per cento di loro sogna di poterglieli confiscare…

I piccoli si sentono abbandonati e sono gelosi del mondo virtuale al quale non hanno accesso. Quanto più si sentono soli e isolati, tanto più ricorrono al cellulare. Invece di cantare una ninna nana o raccontare una storia si lascia che sia il piccolo a manipolare lo schermo. Quando scambiano messaggi vari con i loro amici e amiche i genitori sono felici e sorridono. Quando devono occuparsi dei figli reali sono scocciati, arrabbiati, nervosi e i piccoli lo sentono. Lo sanno. Le reazioni dei figli sono di iper-eccitazione, non conoscono limiti perché non gli sono mai stati fissati, hanno accessi di collera, disobbediscono, sono apatici, hanno ritardi nel linguaggio che sconfinano nel mutismo. Si sentono abbandonati: “Se suonassi o vibrassi come il suo telefonino, mia madre si accorgerebbe che esisto…”, dice una bimba di 5 anni alla sua psicologa infantile.

Uno dei miei figli per anni non andava a dormire senza il suo “Dodò”, una copertina azzurra con il bordo di raso. Ci sono oggi bambini che non vanno a dormire se non hanno il telefono cellulare della mamma da accarezzare, come fosse un morbido peluche. “Se la casa andasse a fuoco, il mio papà andrebbe prima di tutto a cercare il suo cellulare, poi me…”, confessa una bimba di nove anni.

Lo schermo del cellulare fa da schermo al rapporto fra genitori e figli e loro si sentono poco interessanti, inutili, di troppo. Difficile poi chiedergli di limitare l’uso delle protesi elettroniche quando non si è in grado di dare il buon esempio. Che tristezza.

La domanda di fondo è una sola: perché ci rifugiamo nel nostro telefono? A essere onesti è raro, molto raro che si faccia qualcosa di importante, di interessante o di urgente… Allora, perché? Grazie a Céline Mordant di Le Monde, per molte di queste considerazioni. A me fanno pensare.

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