“Google non ha figli”. Poco dopo la nascita del mio primo bambino anche a me è capitato di ricercare sul web risposte che facilmente avrebbe potuto darmi un medico. Ogni volta cadevo nello stesso tranello: pareri personali, misti a leggende metropolitane e post privi di riferimenti scientifici, non facevano altro che confondere le mie idee. Ho imparato a limitare le mie ricerche su Internet, guardando alle fonti più che alle opinioni, ma sebbene sia vero che “Google non ha figli” (e neanche una laurea in Medicina), un’opinione intercettata sul web diventa spesso una verità assoluta.

Una parola su tutte, in rete, detiene tutt’ora il primato dei commenti, degli attacchi e delle teorie più creative: questa parola è vaccini. Avete mai provato a digitarla su Internet, a postarla su Facebook, nei gruppi di mamme o solo a parlarne a scuola o a farne menzione nella chat dei genitori? Avete mai osato di più dicendo pubblicamente che siete favorevoli ai vaccini? Se lo fate vi dovete armare come minimo di enciclopedia medica, attaccarvi al numero verde Sos vaccini, aver passato l’esame di idoneità a Medicina, stringervi forte a un virologo, mettervi un casco in testa e prendere un gastroprotettore. Verrete fatti a pezzi. Perché? Perché se digiti vaccini su Google ti compare la scritta “forse cercavi veleno?”.

Vaccini è qualcosa che non si può dire, è un rischio a priori, il male assoluto perché te lo vai a cercare e non lasci che sia. Eppure non esistono evidenze scientifiche tali da dimostrarne tutta la malvagità che gli viene attribuita e il problema, tra l’altro, sembra riguardare solo i paesi occidentali. Non sarà, allora, che sulla vicenda dell’allarme vaccini ci state raccontando un sacco di balle? Proviamo a ragionarci su.

I vaccini sono sicuri? I vaccini sono un farmaco e come tale ha degli effetti collaterali. Se con la definizione di “vaccino sicuro” intendiamo un prodotto che è totalmente esente da effetti collaterali, allora nessun vaccino è sicuro al 100%. Ma cosa lo è? Se invece per “sicuro” si intende un vaccino che solo molto raramente può provocare effetti collaterali e tuttavia questi sono accettabili proprio perché quel vaccino difende da una malattia mortale, allora siamo di fronte a una definizione più realistica.

Il ragionamento deve partire dunque dall’effetto rischi-benefici che, nel caso dei vaccini, è a favore di questi ultimi. Facciamo qualche esempio: meglio il vaccino contro il meningococco, che ha effetti collaterali molto rari (in un caso su 1000 provoca capogiro e in meno di un caso su 10.000 parestesia e reazioni anafilattiche), o la meningite (500mila casi nel mondo solo da meningococco), che nel 10% dei casi provoca la morte e nel 25% porta a amputazioni, paralisi e danni neurologici permanenti? Ne sa qualcosa la campionessa para olimpionica Bebe Vio, che racconta con il corpo gli effetti di una malattia per cui, pensate che bello, oggi ci si può addirittura proteggere. Vi sembra poco?

Il presupposto scientifico da cui partire è uno solo e semmai su questo dobbiamo confrontarci: le vaccinazioni sono lo strumento più efficace per la protezione dalle malattie infettive. Per valutare il rischio effettivo, cioè reale, connesso all’utilizzo delle vaccinazioni, il pericolo della malattia deve essere significativamente più grande del pericolo dei vaccini. Detto in un altro modo, i benefici di un vaccino devono chiaramente superare i suoi rischi. A questo proposito è illuminante questa tabella che confronta, alla luce dei dati scientifici disponibili, il rischio derivante dalla malattia con quello legato all’uso dei vaccini.

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