Si è concluso un altro anno, le social street esistono ormai da più di tre anni e quando posso mi piace andare a far visita ai vari fondatori. Qualche settimana sono stato a Verona ed ho avuto il piacere di conoscere alcuni membri del gruppo Via Venti Settembre. Un piacevole incontro con Maria Antonietta e Gemma con le quali ho ripercorso le origini del gruppo per capire come questa semplice idea, nata in Via Fondazza nel 2013, sia arrivata fino a loro.

“Ne ho sentito parlare per la prima volta al corso di Pedagogia sociale, tenuto dalla mia tutor di dottorato, Anna Maria Piussi. Sono subito andata a vedere quanto era diffusa, se esisteva anche a Verona, che impatto aveva”, ci dice Maria Antonietta. Lei è rimasta subito colpita dal fatto che dopo pochi mesi esistessero già 150 social street e soprattutto ha visto in questo progetto un investimento in quello che considera la più grande risorsa in tempo di crisi: le relazioni. Se a questi elementi aggiungiamo il fatto di utilizzare un social network come Facebook, spesso demonizzato, in modo virtuoso, le è bastato poco per convincersi a tentare quest’avventura.

Gemma si è unita al gruppo dei Residenti Via Venti Settembre poco dopo grazie ad un amico che aveva condiviso un post della social street. “L’ho trovata un’idea geniale che avrei voluto replicare, ma fino a poco tempo fa abitavo in luoghi che si prestavano poco ad una social street”. Gemma, prima di trasferirsi a Verona, ha vissuto per vent’anni in un paese della provincia ed il paradosso sta nel fatto che non si sia mai sentita veramente a casa. Certamente conosceva i suoi vicini di casa, ma al massimo scambiava due chiacchiere, non sapeva niente di loro, le sue relazioni erano tutte al di fuori del paese. “Quando mi sono trasferita in città ho subito capito che la questione delle relazioni di vicinato e di comunità era fondamentale per me per stare bene e ho cercato e cerco sempre di lavorarci. La social street, che parte con molta semplicità da un gruppo Facebook, dà la possibilità in modo immediato di entrare in contatto con altre persone che hanno il tuo stesso desiderio, che magari abitano a dieci metri da te e che non conosci”.

Personalmente rimango sempre colpito dalle piccole storie che nascono nelle social street, spesso occasioni di supporto reciproco che si trasformano in relazioni di amicizia. Anche Maria Antonietta ha i suoi aneddoti, “all’inizio della nascita della social street ho chiesto una mano per scaricare un furgone di materiale, alle 21,00… se fossi stata da sola, non so se sarei andata a dormire quella sera, ma è bastato scriverlo sulla social street e si è creata una catena umana e in mezz’ora avevamo finito di scaricare. O, ancora, quando ho chiesto un avvitatore per montare delle librerie e mi sono trovata anche un piccolo team, con Fabio e Cristina, ad aiutare.”

In realtà poi quando una social prende vita, si perde spesso traccia di tutte le relazioni che da esso scaturiscono, molte persone hanno un primo contatto su Facebook per poi scambiarsi i telefoni e non usare più il social network che infatti è solo un veicolo. A Maria Antonietta piace l’idea che il gruppo sia il trampolino di lancio per avviare pretesti per relazionarsi tutto basato sulla gratuità.

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Come in molte social street, le attività che vengono organizzate per mettere in contatto i vicini di casa sono le feste: per la social street di Via Venti Settembre è stata la festa di primavera organizzata al parco del Palazzo Bocca Trezza ben poco utilizzato. I più attivi del gruppo hanno dato vita all’organizzazione di questa festa per i vicini di casa, per conoscersi di persona ed è stato un gran successo: “Quel giorno mi sono sentita a casa, più che nel paese in cui avevo vissuto per vent’anni”, ci racconta Gemma.

Ma la forza della social street sta come dicevo, nelle piccole cose, nella quotidianità, piccoli episodi di grande valenza relazionale come quando Gemma cercava consigli su come reperire una bicicletta usata e magicamente ne ha ricevuta una in regalo da una sua vicina di casa. “In senso più ampio, al di là degli episodi, penso con affetto ai vicini e alle vicine che ho conosciuto, belle persone con cui condivido un approccio alla vita che ci ha messi subito in sintonia: la voglia di scoprire, di creare relazioni mettendosi in gioco, anche se questo comporta impegno e poi l’amore per il proprio quartiere e la voglia di migliorarlo”.

Conoscevo Maria Antonietta e Gemma da un po’ di tempo ma solo “virtualmente” e questa è stata un’occasione per condividere di persona le loro emozioni, i problemi (perché gestire una social street ricordiamolo non è sempre così semplice) ma anche le soddisfazioni “da quando la social street ha preso vita” ci dice Maria Antonietta, “passeggiare per Via Venti Settembre ha un altro sapore… a volte esco per buttare la spazzatura e rincaso dopo ore, perché incontri persone che conosci, ti fermi a scambiare delle battute, magari ti fermi per un caffè, passa un’altra vicina e acchiappi anche lei… insomma, la via ha acquistato un valore diverso”.

Sono cose banali, direte voi. E’ vero, ma nella società di oggi sono queste banalità che fanno la differenza per sentirsi veramente parte del territorio dove si abita.

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