Si allunga l’ombra di un nuovo conflitto di interesse su Rex Tillerson, il ceo di Exxon Mobil considerato vicino a Vladimir Putin scelto da Donald Trump come segretario di Stato: il responsabile della politica estera di Washington è il direttore di un’azienda petrolifera russo-americana con base alle Bahamas, noto paradiso fiscale. Lo scrive il Guardian citando documenti del 2001 emersi solo ora tra le rivelazioni di una talpa alla Süddeutsche Zeitung.

Tillerson è stato direttore della sussidiaria russa Exxon Neftegas dal 1998. Pur non essendo illegale, scrive il quotidiani britannico, non era mai emerso prima e può alimentare le critiche circa la scelta di Tillerson in vista della conferma della nomina al Senato. Così come, continua il Guardian, l’utilizzo di una sede offshore come le Bahamas, pur legale, può risultare in contraddizione con il messaggio di Trump sul mettere “l’America prima di tutto”. Il nome di Tillerson compare insieme con altri di base a Houston, Mosca e Sakhalin, nella Russia orientale, scrive ancora il sito del quotidiano britannico.

I rapporti del successore di John Kerry con la Russia sono noti da tempo: Tillerson, nominato ufficialmente il 13 dicembre, è stato ospite nella dacia di Putin dopo la firma di un contratto che permette al colosso petrolifero di esplorare riserve di petrolio nell’Artico russo. In cambio, alla compagnia di stato russa Rosneft è stato consentito di comprare partecipazioni nei progetti su suolo americano di Exxon. Tillerson è stato anche insignito di un’alta onoreficenza dal presidente della Federazione Russa.

E già prima della conferma del nomina, dal Cremlino per Tillerson è arrivato l’apprezzamento per ‘l’amico’ americano: “Nello svolgimento del suo lavoro alla guida di una delle più grandi compagnie petrolifere, ha avuto contatti più di una volta con i nostri rappresentanti, ed ha sempre svolto i suoi compiti in modo altamente professionale“, ha dichiarato il portavoce di Putin, Dmitry Peskov.

Le rivelazioni del Guardian non fanno che alimentare dubbi sulla qualità della scelta effettuata dal presidente eletto: “Per quale motivo Donald Trump deve scegliere come capo della diplomazia un uomo le cui decisioni o azioni, qualunque esse siano, potranno essere macchiate dal sospetto di essere una capitolazione agli interessi della Russia o dell’industria petrolifera?”, domandava il giorno della nomina il New York Times in un editoriale.

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