Il 27 ottobre scorso tre uomini sono evasi dal penitenziario romano di Rebibbia Nuovo Complesso. Ancora non sono stati rintracciati. Si capirà un giorno la dinamica esatta della fuga.

Nel frattempo, l’amministrazione penitenziaria ha preso una serie di provvedimenti restrittivi riguardanti la gestione dell’istituto e degli altri detenuti che si trovano in quel carcere. Alcuni di essi mi paiono quanto meno discutibili. Fosse solo per la difficoltà che riscontro nel vedere un nesso tra quanto accaduto e questi stessi provvedimenti.

Ne cito uno: è impedito ogni ingresso dopo le 15.30 ai volontari che svolgono attività in quel carcere. I volontari sono persone come tutte le altre, tendenzialmente impegnate in attività lavorative. Difficile quindi, per molti di loro recarsi in carcere di mattina o nel primissimo pomeriggio. Così le attività svolte da questi operatori vengono interrotte. La direzione ha assicurato che entro Natale tutto tornerà come prima. Ci auguriamo che accada davvero.

Cito un’altra decisione presa dall’istituto, se possibile ancor meno comprensibile: ci è stato riferito come ‘Papillon’, la nota biblioteca dell’istituto da sempre molto fornita e curata egregiamente dai detenuti stessi, sia stata gettata per aria durante una perquisizione notturna che ha lasciato le stanze con migliaia di libri gettati alla rinfusa sul pavimento, ammassati, mischiati, buttati negli angoli e ai piedi degli scaffali. Come ogni bibliotecario ben sa, e come ogni persona che mai abbia frequentato una biblioteca ben può intuire, ci vorrà tantissimo tempo per ritrovare la collocazione di ciascun volume e permettere di nuovo il loro utilizzo da parte dei detenuti.

“E che ce ne importa, peggio per loro, potevano evitare di andare in galera così leggevano tutti i libri che volevano”. Già immagino molti pensieri e molte risposte in merito. Bene. Ma allora esplicitiamo tutti i passaggi di questo ragionamento. Se non ci importa che i detenuti leggano libri, ammettiamo che non vogliamo un carcere che punti alla rieducazione e alla reintegrazione sociale del condannato. Peggio per noi: ci terremo i delinquenti a scapito di tutta la società. Però diciamolo apertamente.

Se invece crediamo che il carcere, oltre a costituire una ovvia punizione, debba anche avere un ruolo costruttivo, allora non riesco a trovare un solo motivo per cui rendere inutilizzabile una biblioteca penitenziaria possa essere utile nel prevenire future evasioni.

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