“Ho sentito dire che mentre qui i pm chiedevano per lui 16 anni di reclusione, Mauro Moretti era al Quirinale per ricevere un premio per Leonardo. No, non Leonardo mio figlio, Leonardo è il nuovo nome di Finmeccanica. Se fosse vero, non ho veramente più parole”. Marco Piagentini, 46 anni, ha il volto ancora segnato dalle ustioni del disastro ferroviario del 29 giugno costato la vita a 32 persone, tra cui sua moglie Stefania, 39 anni, e due figli, Luca e Lorenzo, 4 e 2 anni. Marco sopravvisse insieme al primogenito, Leonardo, oggi quindici anni. Il primo commento che l’uomo fa a caldo, dopo aver sentito le richieste di pene fatte dai pm per 29 dei 33 imputati (4 sono stati assolti), riguarda proprio questo macabro scherzo del destino. Questo premio oggi è una coincidenza? “No, è un messaggio da parte delle istituzioni , un messaggio che doveva arrivare a quest’aula. Fa capire la linea che lo Stato vuole tenere rispetto alla vicenda Viareggio, una linea perfettamente coerente fin dall’inizio: dal cavalierato dato a Moretti dall’ex presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, alle conferme del suo ruolo come a.d. di Ferrovie dello Stato, fino alla promozione a capo di Finmeccanica” afferma a ilfattoquotidiano.it Piagentini, che pure era stato ricevuto, esattamente un anno fa, dopo numerose richieste di incontro, dal Capo di Stato, insieme a Daniela Rombi, che nella strage perse la figlia Emanuela Menichetti, 21 anni, morta dopo 42 giorni di agonia.

Nel Polo Fieristico di Lucca, un capannone enorme che accoglie, a ognuna delle cento udienze svolte finora per il processo Viareggio, un centinaio di avvocati, trentadue sedie sono sempre per le vittime. I familiari non mancano mai di sistemare con cura i loro volti, stampati su delle t-shirt, sulle prime tre file della parte dell’aula destinata alle parti civili. Alle spalle dei figli, delle mogli, dei fratelli morti quella notte, siedono i familiari, riuniti nell’associazione Il Mondo che Vorrei. Con loro, anche i viareggini dell’Assemblea 29 giugno, guidata da Riccardo Antonini, il ferroviere, barba e capelli bianchi, licenziato da Rete Ferroviaria Italiana, a un anno dalla pensione, perché faceva da consulente a una famiglia coinvolta nella strage. Alla lettura della richiesta di pena per Moretti, c’è chi, tra i viareggini, si alza ed esce dall’aula. I pm non hanno ancora finito di chiedere le pene per tutti gli imputati, ma sembra quasi che, per qualcuno, l’attesa fosse soprattutto per lui. Nessuno a Viareggio gli ha ancora perdonato di aver definito, in un’audizione in Senato nel febbraio 2010, il disastro uno “spiacevole episodio”.

Nessuna voce si alza al di sopra del brusio, nessuna mano rompe il silenzio per lanciare applausi da stadio: i parenti delle vittime di Viareggio, durante e dopo la lettura delle richieste di pena, non smettono mai di dimostrare compostezza e rispetto per il lavoro della giustizia. Quel rispetto che, continuano a ripetere, potrebbero perdere se i capi di incendio colposo e lesioni colpose plurime dovessero cadere prima della sentenza definitiva. “Se finisse tutto in prescrizione, visto che in Italia si parla tanto di soldi, mi chiedo per cosa abbiamo pagato il lavoro dei pm, delle indagini, dei giudici, mi chiedo perché abbiamo affittato per 100 udienze il Polo Fieristico di Lucca con i soldi dei contribuenti” si domanda Piagentini.

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