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Isis, occorre fornire una via di resa ai miliziani

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Se voi mettete in un angolo un gatto impaurito e gli impedite ogni via di fuga vi esponete a una grande difficoltà nel prenderlo e al serio rischio di essere gravemente graffiati.

Da quello che riferiscono i giornali a Sirte circa mille miliziani dell’Isis sono asserragliati in una parte della città completamente accerchiati dalle truppe di Tripoli. Perché non si arrendono? Semplicemente perché sanno che verranno immediatamente uccisi.

Non facciamo prigionieri! Questo pare il motto di questa terribile guerra.

Certamente l’Isis per primo ha fatto suo questa decisione sgozzando i nemici e imponendo la legge dell’uccisione di tutti i combattenti che cadevano sotto il suo potere.

La coalizione internazionale non può però accettare che per reazione, una sorta di legge del taglione, i miliziani sul campo che noi occidentali aiutiamo con armi e bombardamenti si comportino nello stesso modo. La convenzione di Ginevra sulla guerra prevede che i prigionieri siano trattati in modo ragionevolmente umano e non uccisi o torturati.

Noi occidentali dobbiamo imporre, tramite le opinioni pubbliche, ai nostri stati di far rispettare queste elementari regole non per buonismo ma perché solo in questo modo l’Isis verrà facilmente debellata. Nel momento in cui i miliziani del califfo capissero che c’è la possibilità di arrendersi senza subire conseguenze eccessive, ma casomai solo una detenzione di qualche anno, potrebbero fuggire in massa dallo stato islamico e facilitare la conquista delle sue roccaforti.

Sirte è solo la prova iniziale di quello che, in misura maggiore, può succedere ad Aleppo e poi in futuro a Mosul e Raqqua.

Lanciamo quindi il messaggio che ci si può arrendere senza essere torturati e uccisi. Ne va della nostra umanità e risulta un modo più intelligente di far terminare questa tragica guerra.

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