Uno “sportello Famiglia” con un numero verde da chiamare per segnalare “casi di indottrinamento gender nelle scuole”. L’idea della Regione Lombardia, guidata dal leghista Roberto Maroni, che nelle scorse ore ha approvato una delibera per creare il call center: il progetto sarà testato per 12 mesi, avrà un costo di 30mila euro e servirà anche per dare sostegno in casi di bullismo o altri problemi di accesso al diritto scolastico. La notizia è stata anticipata da Repubblica Milano e ha creato numerose polemiche. “Nessuno sportello ‘anti-gay‘”, ha replicato l’assessore alle Culture, identità e autonomie della Regione Cristina Cappellini, “ma uno strumento di ascolto e di informazione pro famiglia. Detto, fatto. Ancora una volta la giunta lombarda dimostra di mantenere le promesse fatte, adottando una misura significativa e concreta a sostegno della famiglia, soprattutto quella con figli minorenni. Come istituzioni ci sentiamo in dovere di difendere la libertà educativa in capo alla famiglia e arginare quei fenomeni di indottrinamento ideologico, altrimenti noti come ‘ideologia gender’, che in molti casi sono già stati sperimentati sulla pelle dei bambini”.

Insomma, non si tratta di una misura contro gli omosessuali, si giustificano dalla regione, ma si può comunque parlare di sportello antigender. La Cappellini, che assieme al capogruppo del Carroccio Massimiliano Romeo porta avanti una sua personale crociata in difesa della famiglia tradizionale, già l’anno scorso aveva provato a presentare un emendamento che prevedeva un servizio analogo, ma era stata costretta a ritirarlo. Intanto sui social network è partita la campagna “Bacini per Cappellini”: il 3 giugno dalle 10 alle 22 gli utenti contrari all’iniziativa sono invitati a pubblicare sulla pagina Facebook dell’assessore decine di foto di baci.

IL DISOBBEDIENTE

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