E’ il marzo del 1966, sono passati dieci anni da quando Rosa Parks si rifiuta di cedere il posto sul bus a un uomo bianco, negli Stati Uniti i movimenti per il riconoscimento dei diritti civili e dell’uguaglianza degli afroamericani invadono le strade, ma la giustizia sociale tarda ad arrivare. E’ il marzo del 1966, come ogni marzo si giocano le finali del campionato NCAA, il torneo di basket universitario. E succede qualcosa di mai visto prima. Lo racconta Frank Fitzpatrick, autore del libro sull’argomento And the Walls Came Tumbling Down: The Basketball Game that Changed American Sports che in un articolo per Espn (il network ha acquistato i diritti di quel match e lo trasmetterà in settimana negli States) scrive: “Vi chiederete cosa ci sia di eccezionale in 10 ragazzi che si muovono per 40 minuti su un campo da basket in una partita neppure tanto bella, con un livello atletico che oggi pare ridicolo. Eppure, se guardate bene, notate che il pubblico è tutto bianco, i giudici di gara, gli arbitri, le cheerleaders, sono tutti bianchi. Se però spostate lo sguardo al centro del campo, allora potrete vedere che lì, con le loro maglie arancioni e le scarpe bianche, ci sono cinque giocatori del Texas Western College. Loro sono tutti neri”.

La sfida valida per il titolo tra il piccolo Texas Western College (oggi la University of Texas di El Paso) e la più rinomata University of Kentucky è infatti la prima finale della storia del basket universitario in cui una squadra schiera in campo cinque giocatori afroamericani. E vince. A dirla tutta, era già qualche anno che i neri erano ammessi nelle squadre universitarie, già nel 1962 e nel 1963 due finaliste schieravano quattro afroamericani su cinque giocatori in campo. Ma se fino ad allora sembrava che un bianco fosse sempre necessario per “guidare” i compagni, per il tecnico Don Haskins del Texas Western College così non deve più essere. Inoltre, di fronte c’è la University of Kentucky del tecnico Adolph Rupp, istituzione del basket universitario che ha già vinto quattro titoli e che, al momento del ritiro, avrà il record di assoluto di vittorie. Ma Adolph Rupp ha anche un’altra caratteristica: non ha mai schierato in squadra un giocatore nero. Mai, nemmeno per un minuto. E così, il successo dei cinque ragazzi del Texas Western College assume nuovi contorni e diversi significati, che eccedono lo sport: è una vittoria politica, come lo furono quelle di Jesse Owens o di Muhammad Alì.

In omaggio a quella storica partita è stato girato anche un film (Glory Road – Vincere cambia tutto, 2006) in cui il focus è tutto sul tecnico Don Haskins, che all’epoca girava nei ghetti delle grandi città, da New York a Detroit, per trovare ragazzi neri che volessero giocare a basket e invitarli nel suo piccolo e sconosciuto college di El Paso, riuscendo poi a formare una squadra che sarebbe stata in grado di vincere contro ogni pronostico. Mentre qualche giorno fa il presidente Barack Obama ha partecipato alle celebrazioni del cinquantesimo anniversario della vittoria del Texas Western College, e nel suo discorso ha ricordato come il riconoscimento dei diritti civili per gli afroamericani sia avvenuto “non solo grazie a Martin Luther King ma anche a Jackie Robinson (giocatore afroamericano di baseball ndr.), non solo grazie a Rosa Parks ma anche ad Aretha Franklin”. Prima di ringraziare “quel gruppo di cinque ragazzi che si sono allacciati le scarpe e hanno permesso all’America di fare un passo avanti”. Cinque ragazzi che cinquant’anni fa, con un pallone da basket in mano, hanno cambiato la storia.

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