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Il Montenegro non fa i ‘compiti a casa’ su legalità e corruzione

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Il Montenegro non compie passi in avanti alla voce “legalità”. Lo sostiene una risoluzione del Parlamento Ue sui progressi del governo Dukanovic in cui si legge che “la corruzione rimane un problema grave, soprattutto nel processo di privatizzazione” e ribadisce “la necessità di eliminare la corruzione a tutti i livelli, dal momento che mina i principi democratici e pregiudica lo sviluppo sociale ed economico”. Un focus, quello acceso per la seconda volta in un anno e mezzo dall’Europa su Podgorica, che apre anche agli interrogativi relativi all’allargamento stesso dell’Ue.

Secondo la risoluzione, nonostante i cambiamenti nel campo legislativo, permane un macigno alla voce corruzione che continua ad essere “motivo di preoccupazione”, in particolare nei settori degli appalti pubblici, dell’assistenza sanitaria, dell’istruzione, della pianificazione territoriale e dell’edilizia. Nonostante sia stata istituita la procura specializzata e l’agenzia anticorruzione, (quest’ultima inaugurata lo scorso primo gennaio) il rischio che il governo non ne garantisca l’indipendenza è altissimo. Ecco perché il Parlamento europeo prescrive a Dukanovic di rafforzare ulteriormente il rapporto tra indagini e trasparenza, per evitare altri casi come quelli delle tre aziende truffate dallo Stato. Il riferimento è ai casi della cipriota Ceac, della olandese Mnss e dell’italiana A2a con una regia univoca. Nel 2005 la società di alluminio con sede a Cipro ha acquisito una partecipazione di controllo nella fonderia di alluminio Kap, la più grande realtà industriale in Montenegro. Centinaia di milioni di euro investiti, per trasformare Kap in un top fornitore di alluminio capace di servire il bacino dell’Europa centrale e orientale.

Ma l’interferenza del governo ha, de facto, tolto a Ceac la proprietà di Kap, passata di mano per 28 milioni ad una società locale vicina al premier Djukanovic, che nel suo curriculum vanta anche un passato di contrabbando di sigarette con indagini delle procure di Napoli e Bari. Per cui Ceac ha citato in giudizio lo Stato del Montenegro per la cifra di 600 milioni di euro, così come fatto dall’olandese Mnss, che dopo aver acquisito una partecipazione di controllo nell’impianto metallurgico montenegrino Zhelezara ha subìto la stessa sorte. Il totale dei crediti vantati da investitori stranieri contro lo Stato montenegrino ammontano a circa un miliardo, quasi un terzo del Pil del paese. Inoltre il gruppo russo En+ dell’imprenditore Oleg Deripaska ha contestato i debiti accumulati dall’Impianto di alluminio di Podgorica (Kap) nel periodo in cui la struttura è stata gestita dal gruppo.

Oggi, quindi, anche secondo il Parlamento Ue la procedura di fallimento della Kap viola gli obblighi del paese nell’ambito dell’accordo di stabilizzazione e associazione (ASA) per questo condanna il governo Đukanović. È la ragione per cui Andrey Petrushinin, Direttore Corporate Affairs di CEAC, ha usato toni durissimi verso un Paese che comunque aspira ad entrare nella grande famiglia Ue: “La risoluzione del Parlamento europeo mostra come la facciata dell’elaborata strategia di seduzione di Đukanović verso l’Occidente si sta sgretolando ai suoi piedi. I suoi interlocutori europei si sono resi conto che l’imperatore è nudo“. E in attesa che la crisi politica si tramuti in nuove elezioni, con la maggioranza intenta a chiedere al parlamento le dimissioni del presidente della Camera Krivoka, e con gli osservatori internazionali già mobilitati, ecco che la procura montenegrina ha iniziato a indagare anche sul contratto di collaborazione tra Montenegro airlines e l’araba Etihad.

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