Caro direttore, per la prima volta ho avuto a che fare con la giustizia americana. La settimana passata ricevo sul cellulare la telefonata di un numero che non riconosco. “Sono il vice Procuratore distrettuale. Abbiamo completato le indagini su un caso di furto aggravato che la riguarda. Dovrebbe venire lunedì alle 9,30 per fare una testimonianza davanti alla Grand Jury”.

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Più incuriosito che preoccupato, mi sono visto già proiettato in un vecchio telefilm di Perry Mason, mentre i particolari della faccenda mi tornavano in mente. Un anno fa, in uno dei tanti ricevimenti dell’Onu, dovevo avere mangiato qualcosa che mi aveva fatto male, ma niente di serio. Appena dei fastidiosi dolori di tanto in tanto. Solo l’insistenza di mia moglie Daiana, che è medico specialista – fra l’altro di terapia del dolore – mentre io minimizzavo, mi ha salvato la vita. Lei è romena di nascita e fra i romeni e i russi di solito non corre buon sangue. Cito il particolare perché Daiana, in una notte complicata anche da una tormenta di neve, è riuscita a trovare un chirurgo russo di nome Valery, tirandolo giù dal letto.

Così, sorvolando sui contrasti ideologici su Putin, i due con il camice bianco si sono subito trovati d’accordo. Dato che dai test computerizzati non si capiva granchè, la sola cosa da fare era aprire, toccare con mano e tagliare. Io: “Ok, ma quando?”. Risposta sbrigativa del russo: “Dieci minuti. O facciamo la chirurgia subito, oppure l’alternativa sarà un funerale fra due settimane”.

A me queste cose non fanno paura, anche perché, con il mestiere che ho fatto, in situazioni peggiori mi sono trovato più volte: e solo perché ho avuto fortuna, finora, mi è andata bene. La causa della peritonite era stata una banale scheggia di legno di appena un centimetro, estratta con le mani alla vecchia maniera dal chirurgo ammiratore di Putin e da lui fotografata, incoraggiandomi anche a fare causa all’Onu, grande consumatrice delle micidiali tartine con stuzzicadenti. In America l’idea di fare causa su tutto è diffusa. Ma io ho desistito.

Una settimana dopo, sufficientemente ristabilito tanto da poter lasciare l’ospedale a piedi da solo, un fastidio è venuto a guastarmi la convalescenza. La notte prima di essere dimesso mia moglie non potendo venire ad accompagnarmi a casa, mi aveva portato un giaccone nero da motociclista con dentro il portafogli e le chiavi di casa. Ovviamente qualcuno l’aveva spiata perché la mattina il portafogli non c’era. E dire che il Lenox Hill ha la fama di ospedale dei Vip, e ha avuto fra i suoi pazienti Liz Taylor, Beyoncé e perfino Winston Churchill che, investito da un’auto mentre attraversava Park Avenue, nel 1957, scrisse un cortese biglietto di ringraziamento: “Ricordo bene le ammirevoli cure e le attenzioni prestate”. Da allora, a quanto pare, anche le attenzioni dei ladri hanno fatto grandi progressi.

Il conto per l’intervento con tutti i contorni, in camera a 2 letti è stato di 110mila dollari, che per decenza mi sono vergognato di rifilare alla Casagit, cassa autonoma dei giornalisti italiani, della quale per mia (e sua) fortuna non ho mai avuto bisogno. A pagare per il 90% ha provveduto l’assicurazione americana di mia moglie, mentre il restante copay ovvero compagamento – piuttosto salato, altro che quello che in Italia chiamano ticket – l’ho dovuto pagare io.

Torniamo al Procuratore distrettuale, che mi accompagna davanti alla Grand Jury con 25 giurati. Assistito dalla cancelliera, che mi fa alzare la mano destra, alla formula di rito: “Giurate di dire la verità e nient’altro che la verità “ rispondo: “I do”. Poi il mio interrogatorio comincia. Procuratore distrettuale: “Con le sue carte di credito sono stati fatti tre acquisti. Uno per $ 61.67 effettuato da persone che dicono di avere comprato dei videogames nel New Jersey come da sue istruzioni, per farle un favore. Conferma?” Risposta: “No, e non conosco queste persone”. Procuratore distrettuale: “Con la sua carta numero 4811, e con la carta numero 2032 sono stati fatti due acquisti, uno per 28 dollari e l’altro per 2 dollari e 29, in un negozio della catena Target del Bronx. Lei ha incaricato qualcuno di comprare con queste due carte dei videogames?” Risposta: “Mi spiace, ma non ho assolutamente nessun interesse per i videogames”. La corte, come nei telefilm, esplode in una risata. Procuratore distrettuale: “Nessun’altra domanda. Il testimone si può accomodare”.

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