Il marziano lo aveva annunciato. A febbraio del 2014, l’allora sindaco Ignazio Marino aveva spiegato che la Capitale doveva ancora ripagare gli espropri dei terreni delle Olimpiadi di Roma del 1960. Eppure la questione del debito straordinario del Comune di Roma esplode solo ora. Nel bel mezzo della campagna elettorale per il Campidoglio, torna persino in auge l’idea di riunire i 13,6 miliardi di debito straordinario sotto l’unico cappello di Roma Capitale. A rivelarlo è Il Messaggero, quotidiano del costruttore romano Francesco Gaetano Caltagirone, che per decenni ha fatto affari d’oro con l’amministrazione della Capitale.

Secondo quanto riferisce il giornale romano, il neocommissario renziano, Silvia Scozzese, ha alzato un polverone inviando una lettera al suo predecessore, Massimo Varazzani, un uomo vicino all’ex ministro Giulio Tremonti e noto collezionista di poltrone. Nella missiva inviata per conoscenza al Ragioniere generale dello Stato, la Scozzese ha chiesto conto dell’operato di Varazzani che, fino ad agosto 2015, si è occupato gestione straordinaria del debito romano. Un passivo che, nel 2008, l’allora sindaco Gianni Alemanno decise di separare dall’ordinaria amministrazione prendendo le distanze dai debiti registrati in bilancio dopo otto anni di gestione Veltroni.

Nel dettaglio, il neocommissario punta il dito su una serie di debiti “indefiniti”, che sono in buona sostanza buchi riferiti ad espropri e legati a lunghissime vicende giudiziarie. E sulla questione riferirà presto alla Commissione Bilancio della Camera. Ma Varazzani, piazzato ai vertici della gestione commissariale per volontà di Silvio Berlusconi, ha già fatto sapere che l’intera faccenda è al limite del ridicolo perché “il commissario non è titolare dei debiti e dei crediti che sono del comune di Roma – come ha spiegato al Messaggero – Il suo compito è autorizzare dei pagamenti per conto dello Stato. Il debitore formale resta il Comune che ha tutti i giustificativi dei debiti. Il commissario controlla le pretese e, se è di sua competenza, autorizza il Comune a pagare”. Insomma, nella versione di Varazzani, chi vuol vedere le carte, non deve far altro che accomodarsi negli scantinati del Comune e iniziare a leggere. “Di certo io, a casa mia, non mi sono portato nulla, ma cosa crede”, ha commentato a caldo l’ex commissario che rincara la dose ricordando di aver ricevuto, nel corso del suo mandato, molte pressioni dal Comune interessato a mettere le mani su sei miliardi fra cassa e linee di credito della gestione straordinaria.

La faccenda appare assai intricata e per ora l’unica certezza è la difficoltà di ricostruire la situazione finanziaria complessiva del comune di Roma. Un’avventura resa ancora più ardua dalla crisi dell’immobiliare, che potrebbe avere un ulteriore impatto sui conti disastrati del Comune con l’Irpef più salata d’Italia. Nel caos mediatico della campagna elettorale, sembra evidente, infatti, che la patata bollente del debito di Roma sarà uno dei nodi più spinosi della futura amministrazione. E se Roma andrà ai 5 Stelle, allora, ad analizzare i debiti, ci sarà per la prima volta un soggetto terzo: una forza politica che non ha contribuito a creare il pesante fardello, né lo ha gestito separatamente con la “bad company” in cui confluirono nel 2008 ben 22,4 miliardi di debiti. Sin d’ora però, le carte testimoniano come il passivo sia progressivamente rientrato con un piano lacrime e sangue che prevede una rata da 500 milioni l’anno da versare alle banche creditrici, finanziata con contributi Irpef e versamenti del Tesoro. A otto anni di distanza dall’inizio della gestione commissariale, sono rimasti ancora 13,6 miliardi che, a questo ritmo, saranno estinti, secondo l’Organismo di revisione economico-finanziaria del Comune, fra trentatre anni. A meno che il Tesoro non assorba il passivo all’interno del suo debito spalmando il conto degli sprechi della capitale sull’intero Paese. Per gli italiani, non sarebbe, del resto, una novità. Ma l’operazione, pur chiudendo i conti con il passato, non servirebbe di certo ad evitare di contrarre nuovi debiti o migliorare la gestione della capitale. Un compito davvero arduo che spetterà al prossimo sindaco.

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