Calano le vocazioni, aumentano associazioni e onlus che raccolgono fondi su internet, zone del “sud del mondo” un tempo remote oggi sono raggiungibili con un clic. Così è entrato in crisi il mondo delle missioni, che fino agli anni Ottanta era centrale nella vita di parrocchie, scuole, quartieri, paesi, dove si ascoltavano i racconti di suore e padri di ritorno da terre ancora percepite come lontane e per loro si organizzavano raccolte fondi. “Nella sola provincia di Brescia facevamo cinquanta giornate missionarie l’anno, oggi cinque”, dice per esempio padre Rosario Giannattasio, superiore dei Saveriani. E le testate giornalistiche delle missioni languono o chiudono, come accaduto recentemente all’agenzia Misna. “In vent’anni è cambiato il mondo”, dice padre Giovanni Munari dei comboniani. Insomma, la fine di un’epoca. Che i diretti interessati, però, non sembrano vivere come un dramma.

Tra l’infinità di istituti religiosi esistenti, sono in molti a lavorare anche in “terra di missione”. Non tutti però hanno questo come specifico carisma. In Italia sono quattro le congregazioni prettamente missionarie: Comboniani, Saveriani, Pime (Pontificio Istituto Missioni Estere) e Missionari della Consolata. Sono loro che, insieme, hanno fatto nascere l’agenzia di informazione Misna e che ora ne hanno decretato la chiusura. Sono loro che negli scorsi anni, in rete con associazioni e gruppi della società civile, si distinsero per campagne di sensibilizzazione, come quella che portò alla messa al bando delle mine antiuomo o alla legge 185/90 sul commercio delle armi, o ai “Bilanci di giustizia”, alle arene della pace di Verona. Parliamo degli anni Novanta. Ma c’erano anche al G8 di Genova, nel ramo cattolico del movimento. Un attivismo di cui oggi non c’è quasi più traccia, così come sono in profonda sofferenza molte altre realtà anche laiche, per esempio i movimenti per la pace. 

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