Nella commedia A che servono questi quattrini, Eduardo De Filippo racconta un apologo: “Una volta a un contadino cinese fuggì il cavallo. E tutti vennero a fargli le condoglianze. ‘E chi vi dice che sia una disgrazia?’, rispose il contadino. Infatti il cavallo tornò con altri sette. Tutti tornarono per congratularsi. ‘E chi vi dice che sia una fortuna?’, rispose il contadino. Infatti, cavalcando uno dei sette cavalli, il figlio cadde e si ruppe una gamba. Tutti tornarono a fare le condoglianze al contadino, che rispose: ‘E chi vi dice che sia una disgrazia?’. Infatti scoppiò la guerra e il figlio, grazie alla gamba rotta, fu riformato”. La storia pare scritta per i 5Stelle, ma anche per quei partiti che volessero eventualmente fare tesoro del “caso Quarto”.

C’era una volta un’avvocatessa, Rosa Capuozzo, che voleva cambiare le cose nella sua città, Quarto, Comune inquinatissimo alle porte di Napoli. E scelse il M5S che predicava legalità e trasparenza. Il Meet up locale la candidò, Grillo e Casaleggio le concessero il simbolo. Il capobastone Alfonso Cesarano, che faceva il bello e il cattivo tempo in città, si preoccupò e si diede da fare per sostenere il Pd, con cui si era sempre trovato bene, scartando Forza Italia ma solo perché era in crisi nera e non poteva vincere. Il Pd però presentò liste irregolari e fu escluso dalle elezioni. Mentre tutti facevano le condoglianze al boss, uno che la sapeva lunga lo consolò: “E chi ti dice che sia una disgrazia?”. Infatti il clan chiese aiuto a un ex consigliere Pd, Mario Ferro, per avvicinare un candidato M5S, Giovanni De Robbio, e cooptarlo in cambio di 900 voti. La Capuozzo stravinse il ballottaggio col 70% e De Robbio fu il consigliere più votato. Mentre il capobastone si fregava le mani, il solito bene informato lo gelò: “E chi ti dice che sia una fortuna?”. Infatti la Capuozzo cominciò a governare all’insegna della legalità. Il ras si disperò, ma il solito amico lo rincuorò: “E chi ti dice che sia una disgrazia?”. Infatti saltò fuori che la sindaca viveva nella casa del suocero con una mansarda abusiva e subito la cosa finì in un dossier distribuito a consiglieri e giornali. De Robbio la avvicinò minacciando altre rivelazioni se lei non avesse affidato un impianto sportivo e regalato nomine ai compari.

Convinto di averla in pugno, il capobastone stappò lo spumante, ma il consigliori lo ammonì: “E chi ti dice che sia una fortuna?”. Infatti la Capuozzo negò i favori richiesti, la Procura scoprì i rapporti di De Robbio (e di Ferro) con il clan e i 5Stelle lo espulsero.

Quarto, Flash mob del Movimento 5 Stelle

Il boss prese a testate il muro, ma l’amico lo rallegrò: “E chi ti dice che sia una disgrazia?”. Infatti la sindaca commise l’errore di non denunciare il ricatto ai pm, che però lo scoprirono dalle intercettazioni. Il caso deflagrò su giornali e tv, con la grancassa del Pd cui non sembrava vero di rivendicare non la propria trasparenza (non esageriamo), ma almeno l’altrui connivenza. Infatti, dopo qualche giorno, i 5Stelle chiesero alla Capuozzo e alla sua giunta di dimettersi per rispedire Quarto alle urne. Il capobastone era al settimo cielo. Ma ecco il guastafeste: “E chi ti dice che sia una fortuna?”. Infatti la Capuozzo & C. decisero di resistere. “E chi ti dice che sia una disgrazia?”, sibilò il consigliori al boss ricaduto in depressione. Infatti, più i ribelli restano in carica, più diventa improbabile un’altra vittoria dei 5Stelle.

La storia finisce qui in attesa delle prossime puntate. Il M5S si lecca le ferite. Ha perso un punto nei sondaggi e soprattutto – come scrive compiaciuta la stampa governativa – “la verginità”. Ma chi gli dice che sia una disgrazia? Chi ha trasformato in caso nazionale questo scandaletto locale sperava di veder uscire con le ossa rotte Di Maio e Fico. I quali invece hanno dimostrato che mai avevano saputo del ricatto alla Capuozzo: non demonizzando le intercettazioni, ma chiedendo di pubblicarle tutte e giocando d’anticipo con l’esibizione degli screenshot con tutti gli scambi di messaggi con la sindaca. Tant’è che, persa la speranza di liberarsi del pericoloso rivale Di Maio, lo stesso Renzi ha dovuto chiudere il caso con la tragicomica difesa della Capuozzo. Casomai però i 5Stelle fossero tentati di festeggiare lo scampato pericolo, qualcuno dovrebbe domandargli: “E chi vi dice che sia una fortuna?”. Perché, è vero, Di Maio e Fico non sapevano nulla del ricatto, ma per troppo tempo hanno sottovalutato il caso politico che stava esplodendo a Quarto, anziché precipitarsi sul posto a informarsi e risolverlo. Ed è vero che il M5S ha confermato la sua diversità espellendo il consigliere colluso e la sindaca reticente, ma è pure vero che le espulsioni arrivano sempre tardi. Specie in zone così inquinate dalla criminalità organizzata, non solo i 5Stelle, ma tutti i partiti che davvero schifano i voti mafiosi devono studiare meccanismi più efficaci per selezionare i candidati e tener fuori non solo i collusi, ma anche gli avvicinabili e i ricattabili, con filtri molto più stretti. I meet up e il web non bastano.

Un tempo i partiti avevano strutture sul territorio capaci di sapere tutto di tutti. Oggi non più, e per giunta i 5Stelle non vogliono diventare partito. Ma possono replicare su scala regionale l’esperimento del direttorio, dando a persone fidate l’ultima parola sulle candidature: per tener d’occhio una giunta votata dal 70% in zone ad alta densità mafiosa; per respingere una brava donna che vuol fare il sindaco, ma abita in una casa con sospetti abusi edilizi; per dirimere le beghe locali che inevitabilmente sorgono quando si governa da soli contro tutto e contro tutti. Il che può essere una fortuna, ma anche una disgrazia.

Il Fatto Quotidiano, 14 gennaio 2016

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