I discorsi di fine anno, quello del Presidente della Repubblica Sergio Mattarella e il contro-discorso di Beppe Grillo, hanno presentato entrambi degli elementi di novità rispetto agli anni precedenti. Non tanto la durata, come invece molti scrivono. Il discorso di Mattarella è durato venti minuti, ma anche i discorsi di Giorgio Napolitano hanno avuto la stessa durata. Più breve del solito è stato invece Grillo, che con meno di quattro minuti ha dato il suo messaggio di fine anno, contro i dodici e i diciassette degli anni precedenti.

Da parte di Grillo non c’è stata la volontà di coprire Mattarella. Questo è il vero elemento di novità da parte del cofondatore del M5S. L’intenzione di non oscurare il Presidente, al contrario di quanto avveniva con Napolitano, si vede da due fattori.

La durata dell’intervento, come abbiamo detto brevissima: una volta ascoltato il discorso di Grillo si faceva in tempo a guardare tre quarti del discorso del Presidente. Ancora più indicativa però è stata la morbidezza della campagna sul contro-discorso.

Rispetto agli ultimi anni della presidenza Napolitano l’annuncio del discorso di Grillo è stato dato all’ultimo e senza toni di sfida. L’hashtag #IoGuardoBeppe ovviamente è stato lanciato, ma non è stato pompato come negli anni precedenti; non è stata stimolata la sfida su Twitter fra chi dichiarava di guardare l’uno o l’altro, come invece avveniva a colpi di hashtag nei giorni precedenti, dove contando chi scriveva #IoGuardoGiorgio o #IoGuardoBeppe si entrava già nella competizione. Al contrario, l’hashtag #IoGuardoSergio neanche esiste!

Questo atteggiamento denota probabilmente una tolleranza da parte di Grillo nei confronti di Mattarella, verso il quale il massimo insulto è stato “ologramma”, salvo poi dimostrare grazie ad un effetto sul finale del proprio intervento che lo stesso Grillo era un ologramma. La metafora del suo prossimo spettacolo.

Venendo al discorso del Presidente. L’elemento di novità (rispetto agli ultimi dieci anni) nel discorso di Mattarella è la location. Il Presidente ha parlato alla nazione in poltrona, non da dietro una grande o piccola scrivania come Napolitano e Ciampi. E’ stato scritto in queste ore che in questo modo il Presidente ci abbia mostrato vicinanza, calore. E’ vero, ma il motivo qual è? Dato che qui parliamo di comunicazione politica finalmente possiamo spiegarlo nel dettaglio.

I motivi per cui Sergio Mattarella si mostra più vicino a noi parlando in poltrona sono tre. Il primo è l’assenza di barriere (per esempio una grande scrivania) fra noi e lui. Nella comunicazione efficace si insegna che quando vogliamo entrare in rapport (creare un rapporto istantaneo) con qualcuno dobbiamo eliminare tutte le barriere fra no e lui. Le barriere sono di più livelli. Possono essere appunto una scrivania, la quale più è grande più ci divide dal nostro interlocutore, ma anche un piccolo tavolo con oggetti sopra. In un ambiente informale, come un bar, se sediamo al tavolo con una persona con la quale vogliamo stringere un rapporto più intimo dovremmo spostare bottiglie o grandi bicchieri che si trovano fra noi due. Il livello ulteriore per mostrare vicinanza e rompere le barriere è quello di posizionarsi di fronte al tavolo quando si ha una platea (come fanno alcuni insegnanti che escono da dietro la cattedra, posizionandosi davanti ad essa e magari sedendo sul piano stesso) oppure, quando siamo al tavolo con altri, di spostarsi di posto e sedere accanto a chi ci interessa.

Il secondo motivo per cui il Presidente ci sembra più vicino parlando in poltrona è l’empatia: anche molti di noi erano in poltrona in quel momento (mentre nessuno di noi era dietro alla scrivania). Il ricalco, ovvero assumere la stessa postura e atteggiamento dell’altro è uno dei modi più rapidi per entrare in rapport. Certi amici stretti e coppie arrivano inconsapevolmente a sincronizzare il battito cardiaco, la respirazione, oppure a dire certe parole contemporanemanete.

Il terzo motivo è che più del poco simpatico Scalfaro – il quale spiegava apertamente che la scelta di parlarci dalla poltrona era voluta per creare un clima più familiareil discorso in poltrona ci ricorda il Presidente più amato, Sandro Pertini.

Da parte di Mattarella l’intenzione di mostrarsi semplice e amichevole l’abbiamo vista anche dal fatto che abbia chiamato il Papa semplicemente “Francesco”, senza titolo, e dal fatto che abbia evitato accuratamente il politichese. Scelta stilistica opposta al suo predecessore e che abbiamo potuto apprezzare fin dal suo primo intervento.

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