Il decreto sulla certezza del diritto nei rapporti tra fisco e contribuente, andato in Gazzetta ufficiale il 18 agosto, codifica l’abuso del diritto definendolo come “operazioni prive di sostanza economica che, pur nel rispetto formale delle norme fiscali, realizzano essenzialmente vantaggi fiscali indebiti“. E stabilisce che non è un illecito penale. “Una scelta di Realpolitik“, commenta il tributarista Tommaso Di Tanno. “Dal punto di vista etico, l’elusione dovrebbe essere trattata peggio dell’evasione, perché la seconda la fanno i “poveri disgraziati” mentre la prima è propria dei grandi criminali. Questo decreto fa il contrario. Ma se fossi il ministro dell’Economia anch’io ​​mirerei per prima cosa al gettito“. 

“L’evasione la fanno i “poveri disgraziati”, l’elusione i grandi criminali. E il governo l’ha depenalizzata”

Certo è che grazie alla depenalizzazione Alessandro Mocali, ex patron del gruppo dell’arredamento Emmelunga fallito nel 2011, ha fatto ricorso contro la condanna a un anno per dichiarazione infedele ricevuta dal Tribunale di Milano e confermata in appello. Secondo i giudici di primo grado, aveva indicato nella dichiarazione dei redditi “elementi passivi fittizi” per ottenere “un risparmio di imposta superiore alla soglia prevista”. Ma “alla luce della nuova disciplina”, hanno constatato i giudici di Cassazione, “le operazioni abusive non danno luogo a fatti punibili ai sensi delle leggi penali tributarie”. La stessa novità ha salvato anche Emilio Petrone, amministratore delegato di Sisal, la società concessionaria tra l’altro del Superenalotto. Il manager era imputato per dichiarazione infedele perché l’azienda, secondo la Guardia di finanza, tra 2007 e 2009 ha nascosto al fisco redditi per 18,8 milioni attraverso il “trasferimento di un eccessivo debito” nel suo bilancio all’atto della cessione da parte della famiglia Molo ai fondi Apax, Clessidra e Permira. Un’operazione, stando all’accusa, mirata unicamente a ridurre in modo “artificioso” il reddito di impresa. Il 5 ottobre il tribunale di Milano l’ha mandato assolto perché, anche in questo caso, “il fatto non è più previsto dalla legge come reato”.

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