Ora manca solo il parere della Consulta per fermare le trivelle. La Cassazione ha detto sì ai sei quesiti referendari contro la ricerca di petrolio in mare e su terraferma. Superato il primo scoglio, quello dell’esame correttezza formale, ora la parola passa alla Corte Costituzionale che ne valuterà l’ammissibilità e si pronuncerà entro febbraio 2016, dando o meno il via libera definitivo. Dopo la soddisfazione per la decisione della Cassazione espressa da alcuni dei rappresentanti delle dieci Regioni che hanno approvato nei mesi scorsi le delibere sulle proposte referendarie, il coordinamento nazionale ‘No Triv’ avverte: “Non si persegua la strada della modifica per via legislativa delle norme che, per mezzo del referendum abrogativo, è invece possibile cancellare stabilmente dall’ordinamento. Il Referendum non è nella disponibilità del Governo”.

IL SÌ DELLA CASSAZIONE – Con due ordinanze la Cassazione ha accolto nei giorni scorsi i sei quesiti referendari così come deliberati dalle assemblee regionali di Basilicata, Abruzzo, Marche, Campania, Puglia, Sardegna, Veneto, Liguria, Calabria e Molise. In queste ore la notifica – oltre che ai delegati dei dieci consigli regionali proponenti – anche al Presidente della Repubblica, al presidente della Corte Costituzionale e ai presidenti delle Camere. Il primo a darne l’annuncio è stato Piero Lacorazza (Pd), presidente del Consiglio regionale della Basilicata, capofila dell’iniziativa, commentando su Facebook il sì al referendum sull’articolo 38 della legge ‘Sblocca Italia’ e sull’articolo 35 del decreto Sviluppo. “Il lavoro fatto con i consigli regionali – ha scritto – raggiunge un obiettivo importante. Adesso sarà la Corte Costituzionale a decidere. Restiamo fiduciosi”.

LE REAZIONI – Soddisfazione ha espresso anche il governatore della Puglia Michele Emiliano: “Una bellissima notizia. È un momento nel quale la Costituzione della Repubblica si incarna – ha commentato – e dà alle nostre comunità la possibilità di decidere sulle ricerche di idrocarburi. Risorse che possono essere “sì un’opportunità – ha detto Emiliano – ma anche una minaccia che rischia di rovinare il nostro mare. Noi siamo per ridurre queste ricerche di idrocarburi, per azzerarle se è possibile”. Il presidente della Regione Puglia non ha nascosto le sue intenzioni: “Voteremo per il referendum e – dopo questa consultazione – cercheremo di negoziare con il governo condizioni per le quali le comunità abbiano sempre diritto di parola in casi del genere”.

LA BATTAGLIA DELLE REGIONI – I quesiti sono stati depositati il 30 settembre scorso all’Ufficio centrale per il referendum della Cassazione e riguardano l’abrogazione di norme sulle procedure per la ricerca e l’estrazione di idrocarburi e sull’esenzione del divieto del limite di 12 miglia marine dalla costa per le stesse attività. In attesa del referendum, intanto, ogni regione ha cercato di portare avanti la propria battaglia. Merita di essere citata la vicenda che riguarda il progetto di Ombrina Mare 2 per le trivellazioni sulle coste abruzzesi. Il 9 novembre scorso il ministero dello Sviluppo economico ha dato il via libera, rigettando la richiesta di sospensione dell’iter, nonostante i tentativi della Regione Abruzzo di fermare il progetto, con una legge che vieta le attività petrolifere nel raggio di 12 miglia dalla costa e con la recente istituzione del Parco Marino.

IL COORDINAMENTO NAZIONALE ‘NO TRIV’ – I sei sì della Cassazione arrivano dopo una lunga battaglia e “la pressione democratica dal basso esercitata da oltre 200 associazioni italiane” ricorda il coordinamento nazionale ‘No Triv’. Secondo il quale “è giunto ora il momento di consolidare il risultato ottenuto preparandosi alla costruzione di un sistema di alleanze – il più ampio e trasversale possibile – e di un percorso organizzativo” che ha l’obiettivo di portare al voto la maggioranza degli aventi diritto “senza mediazioni con il Governo su un referendum che ha un obiettivo molto chiaro e non emendabile, se non a rischio di stravolgerne e affievolirne senso e scopo”. Per i ‘No Triv’, dunque, la via referendaria è l’unica percorribile “per raggiungere – dicono – nel breve termine l’obiettivo sia di fermare nuovi progetti petroliferi sia di contenere e ridimensionare il ruolo delle energie fossili nel mix energetico nazionale”. Una posizione netta, che boccia la possibilità di una mediazione con il Governo “che più di ogni altro ha dimostrato fredda determinazione – scrive il coordinamento nazionale – nel portare a compimento il contenuto fossile della Strategia Energetica Nazionale”. La prossima tappa sarà l’incontro a Roma, il 9 dicembre, tra i delegati delle Assemblee delle dieci Regioni che hanno deliberato la richiesta di referendum e i rappresentanti delle associazioni promotrici.

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