L’indagine, coi suoi interrogativi, non è certo nuova. Ma così come la propone (lucidamente) il naturopata tedesco Peter Kern nel libro Amalgama, il veleno nei denti. La causa nascosta di molte malattie (Il Punto d’Incontro, per la recente edizione italiana) ricolloca nel dibattito pubblico la tossicità delle otturazioni dentali.
Possono i metalli pesanti (e tossici) legati nelle otturazioni essere il fattore scatenante (magari non il solo, ma pur sempre il principale) di numerosi disturbi, della diffusione di allergie alimentari e di invalidanti malattie che affliggono milioni di persone al mondo? “L’amalgama continua ad essere un materiale affidabile e sicuro”, ha ribadito nel 2014 Beatrice Lorenzin. Ma nonostante le raccomandazioni cliniche in odontostomatologia del nostro ministro, il mercurio resta ancora il metallo più cancerogeno e l’elemento non radioattivo più tossico che esista sulla Terra. E che (in media) per 2,5 gr. ancora in troppi (inconsapevoli di rischi e pericoli!) si portano in bocca nelle discusse otturazioni. Domandiamoci perché già nel 1975 l’ex Urss le proibì ai dentisti. E perché Norvegia e Danimarca le hanno abolite nel 2008? E la Svezia l’anno dopo?
Benché esistano ormai numerose evidenze scientifiche sulla tossicità delle leghe in amalgama, sull’abrasione dovuta al processo di masticazione, sui meccanismi biochimici ed elettrochimici, nonché sull’evaporazione del mercurio e della sua penetrazione nella radice dentale o nelle gengive, gli effetti deleteri sulle cellule, nel Dna e negli organi del corpo umano non vengono presi in considerazione con le dovute attenzioni dai medici per diagnosticare un’intossicazione da mercurio, tantomeno dagli odontoiatri nello sconsigliarne l’applicazione negli (ignari?) pazienti, magari allettati dall’economicità degli ‘innesti neri’, certamente meno dispendiosi di altri.
Nel suo volume, frutto di una drammatica esperienza diretta, Peter Kern scrive di giustezza: “Non si potrà mai dimostrare con assoluta certezza che l’intossicazione cronica da mercurio sia la causa di determinati sintomi”. Da qui, verosimilmente, la risultante di tutti gli equivoci, ma pure la mancata adozione di quelle che l’autore, ricalcando l’opera del connazionale omotossicologo Max Daunderer, indica come indispensabili precauzioni per sfuggire seri pericoli: la rimozione protetta secondo protocollo standard di sicurezza e la disintossicazione con smobilizzazione ed espulsione delle sostanze tossiche per un corpo metal-free.
Per chi volesse saperne di più su procedure e chelanti naturali, consiglio la lettura abbinata con un altro saggio: La Terapia Chelante (Macro Edizioni) scritto dal medico Fiamma Ferraro: “Viviamo in un mondo tossico, ma non dobbiamo per forza vivere anche in un corpo tossico”.
Attenzione però: sconsigliata la pratica del ‘fai da te’ come modalità diagnostico-terapeutica. Inutile correre il rischio di una re-intossicazione per risolvere un grosso problema!