La troika è tornata protagonista della crisi greca. Alexis Tsipras è passato in soli duecento giorni dall’addio a un nuovo benvenuto ai rappresentanti di Bce, Fondo monetario internazionale e Commissione Ue, arrivati in queste ore nella capitale ellenica per negoziare il memorandum sul piano di aiuti da 82-86 miliardi di euro. Mentre i colloqui ad alto livello ripartono, dal segretario al Tesoro americano Jack Lew, che nelle scorse settimane si è mosso per conto dell’amministrazione Obama con l’obiettivo di riportare al centro dei negoziati la ristrutturazione del debito, è arrivata la richiesta a tutti i protagonisti di adottare un “approccio pratico”.
Ma chi sono i destinatari dell’appello statunitense, i nuovi interpreti della cosiddetta trimurti? Rasmus Ruffer, Declan Costello e Delia Velculescu, a cui si somma un quarto funzionario: l’italiano Nicola Giammarioli, responsabile del Meccanismo europeo di stabilità (Esm), il nuovo fondo salva Stati d’Europa.
Ruffer, rappresentante della Banca Centrale Europea, è stato membro della troika in Portogallo. Di lui, nel 2012, Arménio Carlos, segretario generale della Confederação Geral dos Trabalhadores Portugueses disse: “Questi signori si comportano come dei robot. Sono venuti qui con una missione e, potete starne certi, la missione non è quella di aiutare il Portogallo. Sono qui per aiutare i mercati”. In quella circostanza Ruffer lavorò su una piattaforma che prevedeva: la cancellazione di ogni vincolo al licenziamento e riduzione degli indennizzi; l’allargamento dei contratti precari e cancellazione della contrattazione collettiva; il taglio dell’indennità per straordinari e per i giorni di riposo; il taglio delle 4 giornate festive; l’allungamento della giornata lavorativa fino a 12 ore al giorno e fino a 60 ore settimanali; il taglio del giorno di riposo compensativo e soprattutto del sussidio di disoccupazione per il 20%. Fu lui insomma a premere il pulsante del Memorandum of Understanding on specific economic policy conditionality nonostante i salari del Paese fossero già tra i più bassi d’Europa.
L’ambasciatore Ue Costello, irlandese classe 1967, è dal 1991 in Commissione Europea. Dal 2012 al 2014 ha diretto il dipartimento della direzione F che comprende le Economie degli Stati membri. Come dire che il dossier crisi, alla voce Paesi Piigs, è stato analizzato e vergato proprio da lui. Si è occupato di redigere le previsioni degli sviluppi economici e delle prospettive finanziarie, per monitorare la conformità con i requisiti del Patto di stabilità e della crescita. Quando lo scorso 19 marzo il Parlamento greco approvò con una straordinaria maggioranza di due terzi, le misure per sostenere le 300mila famiglie in povertà con circa 200 milioni di euro, da Bruxelles Costello si indignò e sentenziò: “Non ci avete chiesto il permesso, è un atto unilaterale”. Le cronache riportano che lo scorso 29 dicembre una squadra di tecnici della troika arrivò ad Atene per controllare il programma di risanamento attuato dall’allora governo Samaras e preparare la strada al ritorno del pool capeggiato proprio da Costello. Già sette mesi fa, quindi, al centro dello scanner dei creditori c’era il buco nel bilancio che, secondo la troika, superava i due miliardi mentre, per il ministero delle Finanze greco di allora (guidato da Ghikas Hardouvelis), non era sopra ai 980 milioni.
A capo della missione 2015 dei creditori c’è una donna, degna interprete del Lagarde pensiero (e stile): il membro del Fondo Monetario Internazionale, già ribattezzata “la donna che sta facendo tremare la Grecia”. Si tratta dell’economista rumena Velkouleskou nata nei Carpazi, madre di tre figli e moglie di un rinomato ricercatore di oncologia. Nel suo recente passato ha curato il caso Cipro dal 2013 a ieri. E’ sua la mano che ha azionato il prelievo forzoso su alcuni conti correnti per ottenere i prerequisiti grazie ai quali, poi, i creditori internazionali hanno concesso il prestito a Nicosia. Deve ora gestire il fil rouge più delicato dei tre, dal momento che paradossalmente oggi il Fondo è sulle stesse posizioni dell’ex ministro Varoufakis secondo le quali il debito ellenico non è sostenibile, tesi da sempre avversata dal ministro tedesco Wolfgang Schaeuble che ha minacciato anche di dimettersi, piuttosto che cambiare idea.