Da Ponte Mammolo al Centro Policulturale Baobab di Via Cupa in zona Tiburtina: il sistema d’accoglienza per gli immigrati a Roma sembra al collasso. Cinquanta profughi eritrei sono accampati da più di tre settimane nel parcheggio antistante la baraccopoli sgomberata l’11 maggio scorso. Mentre a via Cupa gli arrivi dei migranti aumentano, soprattutto gli eritrei che sognano di arrivare in Germania, Svezia e Svizzera. “Non voglio che mi prendano le impronte digitali, voglio arrivare a Berlino, lì c’è mio fratello”, racconta uno di loro. “Sono qui da sette anni, l’Italia non offre nulla. La baracca era la nostra casa, ma in altri Paesi è diverso: ti offrono un lavoro, qui i soldi europei finiscono nelle tasche degli italiani”, dice uno dei profughi di Ponte Mammolo. Ma c’è un’altra Italia che in questi giorni mostra il suo volto. Sono i romani che portano spontaneamente al centro Baobab latte, vestiti e ogni bene di prima necessità. “C’è chi sparerebbe volentieri su queste persone e chi dà a questi poveracci quello che per noi è un surplus”, spiega un signore. Per alleviare il peso dell’accoglienza al centro Baobab ormai saturo si è allestita una tendopoli della Croce rossa italiana alla stazione Tiburtina, nel piazzale est. “Gli arrivi aumenteranno, ma – racconta Silvia Piscitelli, responsabile Cri delle attività sociali – la situazione è sotto controllo: hanno assistenza sanitaria h24 e, grazie ai cittadini, anche cibo e vestiti” ci  di Irene Buscemi

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