Sono passati più di due mesi dal mio ultimo racconto. Mesi impiegati non solo a reperire la somma per il nuovo mezzo di trasporto per la famiglia intera inclusa Diletta. Mesi difficili di lotta contro la cieca e beffarda burocrazia. Ci tengo a raccontare cosa è accaduto e ritengo importante riportare lo stato attuale dei fatti. Mi sono appuntata alcune osservazioni, commenti e frasi che in questo tempo ho dovuto pazientemente ascoltare. L’ho fatto perché queste poche parole descrivono più di ogni altro mezzo la vera situazione che tutti affrontiamo quando ci rivolgiamo a coloro che dovrebbero fornire servizi, informazioni, ecc. (sono pagati per questo).

Dunque, trascorsi i primi dieci giorni, tra denunce, pratiche, raccomandate, fax e telefonate Diletta è tornata a scuola fruendo del pulmino. E certo non ha gradito che io potevo portare a scuola le sue sorelle e non lei. Ma si è adeguata. O rimaneva a casa o così doveva essere.

Per andare a terapia abbiamo usato il bus pubblico, discutendo inevitabilmente ad ogni salita e ad ogni discesa. I fine settimana nei mesi di marzo e di aprile sono stati davvero difficili. A piedi. In una zona molto scarsa di servizi. Dopo una Pasqua trascorsa da soli a casa, resa decente solo dalla nostra vitalità, ci giunge l’occasione di partecipare ad una trasmissione della tv di Stato. Partecipiamo certi di poter dire la nostra sul Def del governo e perché no, far riprendere la giostra che ci attende nella condizione di famiglia con disabilità a piedi. Ma nulla, tra un taglio e un’omissione, viene fuori qualche secondo di video di una famiglia allargata molto mulino bianco che per magia è felice e sorridente. Su casa nostra piovono stelline colorate e quindi tutto il nostro libero pensiero è stato messo a tacere. Il potere del canone è anche questo.

Comunque siamo riusciti a mettere insieme la somma necessaria e alla fine di aprile abbiamo ritirato il Vivaro adattato. Ma solo alla fine di maggio avevamo tutto in ordine.

Procedo per capitoli:

Versante scuola: se prima mi sentivo spesso dire di essere ingombrante e troppo presente, improvvisamente mi sono sentita velatamente rimproverare di essere assente. E questo mi ha davvero infastidito. La misura di quanto sia facile e superficiale il giudizio esterno. Basta accompagnare o meno un figlio e zac! L’immagine viene stravolta in un soffio.

Versante Regione Lazio: un gentile dipendente si prende a cuore la vicenda. Nel senso che è l’unico che almeno si degna di rispondere alle mail e al telefono e si prende l’impegno di richiamarmi. Ma in realtà l’aiuto consiste nel farmi avere ciò che la stessa Regione Lazio ha legiferato. Devo dire grazie o farmi prendere dall’ira? Tanto è che mantengo questo contatto.

Versante Asl: e qui viene il bello. La Asl, quando finalmente riesco a rintracciare gli uffici giusti (grazie ad Internet perché nessuna voce mi ha saputo rispondere) mi comunica che il rimborso richiesto non è previsto. Sono io ad indicare la norma. Loro la leggono e mi rispondono: grazie signora per averci comunicato l’esistenza di questa normativa. La Regione non ci aveva informato. O mamma! Mi chiedono anche di inviare il link, eseguo, mi interesso.

Conclusione molto parziale: riceverò, non si sa ovviamente quando, un rimborso pari al 20% dell’importo della sola modifica, pari quindi a circa 900 euro sui 13mila che io ho speso. Non sarà troppo tutto insieme?

Però mi arriva una comunicazione che mi conferma il tutto, dove la Asl dichiara che scoperta la norma, mancano le linee attuative che la Regione starebbe predisponendo. Solo dopo questo io vedrò liquidato il lauto rimborso.

Le frasi che mi sono sentita dire sono ai limiti della follia:

“Signora, lo Stato le è vicino, siamo qui per fornire i servizi”. Servizi offerti: trasporto a scuola, trasporto a chiamata per soli maggiorenni e solo per persone disabili quindi non fruibile ma loro non lo sanno; terapie presso la Asl sospendendo e non eventualmente integrando quelle in corso; tutto condito da  possiamo vederci, si può parlare….

“Signora ha ragione, abbiamo capito la situazione e le siamo vicini, ma non possiamo fare nulla”

“Signora, alla Asl non risulta che questo rimborso possa essere operato, mancano i moduli, non esiste niente di simile, deve mandarmi copia della patente speciale di sua figlia” (minorenne e gravemente disabile).

Questo è un riassunto di un giallo dai tratti inverosimili e talvolta disgustosi.

Nel mentre la scuola volgeva al termine, gli incastri di una gestione famigliare e domestica erano infuocati e difficili, tanto è che seppure mi sarebbe piaciuto mantenere in questo spazio una sorta di diario, sono volati e mesi e solo oggi riesco a trovare questo spazio mio e nostro.

La stanchezza è tanta davvero. Ma di tutta questa ultima vicenda che ha avuto come corredo una tosse violenta di Diletta curata come bronchite e che invece era da reflusso (31 giorni senza dormire più di un’ora consecutiva), vedere le tre sorelle a volte smarrite dal trambusto che si è creato intorno a noi e un marito che ci ha sostenute, appoggiate, sopportate, come davvero in pochi saprebbero fare specialmente se si tiene conto che non è padre delle mie figlie, ha ricaricato quelle batterie inesauribili. La volontà di rendere il loro contesto quell’oasi di serenità che ogni bambino deve e merita di avere.

Abbiamo chiuso il cerchio con un breve soggiorno in Abruzzo, Montesilvano. Sono tornati a splendere i loro sorrisi e andiamo avanti così.

Però, lasciatemi dire che le potessimo usare tutte queste risorse per produrre anziché elemosinare sopravvivenza, potremmo raggiungere certamente un livello di efficienza, qualità ed inclusione all’altezza del Paese che eravamo e che vorremmo tornare ad essere.

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