Uffici postali chiusi in tutta l’Emilia Romagna lunedì 18 maggio. Il motivo è uno sciopero proclamato dalle sigle Slc-Cgil e Uilposte. Gli addetti, insieme ai sindacati, terranno presìdi di fronte alle prefetture di ogni provincia. “Per ora – spiega il segretario bolognese della Cgil, Maurizio Lunghi – lo sciopero si farà solo in Emilia-Romagna ma stiamo valutando di estenderlo alle altre regioni”. Allo stato di agitazione proclamato per il 18 si aggiunge lo sciopero regionale dello straordinario e delle prestazioni aggiuntive fino al 22 maggio.

Le motivazioni della protesta sono tante, come spiegano Giuseppe Ledda della Slc-Cgil e Graziella Gieri della UilPoste. Innanzitutto “il continuo calo degli addetti e l’inadeguatezza degli strumenti di lavoro, vecchi e obsoleti”. I due sindacalisti denunciano la “diminuzione del personale” in tutti gli uffici che costringe i clienti a file chilometriche e che “impedisce la copertura delle postazioni” al punto che – spiegano Ledda e Gieri – “a volte alcuni uffici rimangono chiusi adducendo quale scusante il “guasto tecnico””. Nel centro di smistamento posta di Bologna si ricorrerebbe quasi ogni giorno allo straordinario e le pause al videoterminale, previste per legge, sarebbero solo un ricordo. Anche la consegna della posta – avvertono i sindacati – è molto problematica: Poste Italiane ha diminuito il numero dei portalettere e molte volte non è possibile “consegnare giornalmente tutta la posta”.

Nonostante la carenza di personale (che ha portato anche alla revoca delle ferie) Poste Italiane “sta procedendo con gli esodi incentivati dei lavoratori”. “Abbiamo il sospetto – accusano Ledda e Gieri – che questo sia un progetto per ridurre il personale e poi esternalizzare i servizi, o assumerne altro con le regole previste del Jobs Act che permetterebbero di ridurre il costo del lavoro e i diritti”.

Entro il 2015 dovrebbe concludersi il processo di privatizzazione di Poste Italiane spa, con la vendita del 40% del capitale, in base alle decisioni del Governo. Intanto il rilancio dell’azienda è fermo anche se prosegue, a marce forzate, il piano di chiusura e riorganizzazione degli uffici considerati “anti-economici”. Sarebbero 1.156 in Italia gli sportelli a rischio chiusura e altri 638 da razionalizzare, riducendo orari e giorni d’apertura. In Emilia Romagna rischiano circa 130 uffici e alcuni sono situati in province colpite dal terremoto del 2012. Come quello di San Martino Spino (Mirandola) o di Reno Centese (Cento). E proprio a Cento, il Comune (governato dal Pd) si è ribellato alla chiusura del presidio di Reno Centese (prevista, nel Ferrarese, insieme a quella degli uffici di Marozzo, Masi, San Giacomo e Montesanto). Il Pd ha presentato in consiglio comunale un ordine del giorno per opporsi a questa decisione firmato anche dal sindaco Piero Lodi e dalla capogruppo Pd Marcella Cariani. Lodi ha incontrato la direzione di Poste Italiane per convincerli a fare marcia indietro: “Si parla di un territorio che ha già pagato un prezzo salato a causa del terremoto e non deve essere ulteriormente penalizzato” spiega. Ma l’azienda non ha cambiato idea. “Tutte le nostre richieste e proposte per mantenere aperto l’ufficio postale – commenta il sindaco –  sono andate a vuoto. Ora contiamo sul percorso parlamentare e sul fatto che il governo faccia pesare il proprio ruolo». Intanto è partita anche una petizione che, finora, ha raccolto mille firme.

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