“La sentenza è valida il giorno dopo la pubblicazione”. Cioè da giovedì 7 maggio. Il presidente della Corte Costituzionale Alessandro Criscuolo interviene con una nota dopo che nelle scorse ore dal governo erano filtrate indiscrezioni sul fatto che l’esecutivo non volesse rimborsare tutti i pensionati danneggiati dal blocco dell’adeguamento all’inflazione bocciato dalla decisione resa nota la settimana scorsa. Ma le precisazioni del giudice lasciano una scappatoia all’esecutivo, perché nella nota si legge che “gli organi politici possono adottare, ove lo ritengano, i provvedimenti del caso nelle forme costituzionali”. Come dire che ora la palla passa a palazzo Chigi. Dove è allo studio un piano alternativo per “minimizzare l’impatto sui conti pubblici”, come aveva spiegato il ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan: secondo Il Messaggero si pensa non solo di rivalutare solo parzialmente gli assegni più alti, ma anche di restituire gli arretrati in titoli di Stato. Come accaduto vent’anni fa, quando il governo Dini dovette far fronte a due sentenze che imponevano di riconoscere somme aggiuntive ai titolari di assegni di reversibilità e integrati al minimo.

Il chiarimento della Corte: “Norma Fornero già decaduta, ma sentenza non autoapplicativa” – “Le sentenze della Consulta”, si legge nel comunicato di Criscuolo, “producono la cessazione di efficacia della norma stessa dal giorno successivo alla pubblicazione della decisione e gli organi politici possono adottare, ove lo ritengano, i provvedimenti del caso nelle forme costituzionali”. Insomma: il verdetto dei giudici che vigilano sul rispetto della Carta, pubblicato mercoledì sera in Gazzetta ufficiale, ha già fatto cessare l’efficacia della norma Fornero. E ora il governo deve sostituirla con uno schema diverso che preveda comunque il rimborso degli aumenti senza bisogno che il singolo beneficiario dell’assegno faccia ricorso. Ma non è detto che il rimborso debba essere pieno. Il presidente ha infatti smentito che nella serata di mercoledì, come riferito dalla agenzie di stampa, “fonti della Consulta” abbiano “rilasciato dichiarazioni riguardo alla natura autoapplicativa della sentenza”. E’ il governo che deve decidere come procedere.

Resta aperta la strada dei rimborsi decrescenti all’aumentare del reddito – La Corte, si legge nel testo uscito in Gazzetta, ha dichiarato illegittimo lo stop agli adeguamenti delle pensioni superiori a tre volte il minimo perché ritiene che “siano stati valicati i limiti di ragionevolezza e proporzionalità, con conseguente pregiudizio per il potere di acquisto del trattamento stesso” e “irrimediabile vanificazione delle aspettative legittimamente nutrite dal lavoratore per il tempo successivo alla cessazione della propria attività”. Tuttavia la Consulta ricorda anche che nel 2008 fu ritenuto costituzionale il blocco delle pensioni di importo superiore ad otto volte il minimo voluto dal governo Prodi, perché erano garantite “adeguatezza” e “proporzionalità” del trattamento pensionistico visto che a essere colpiti erano assegni “di importo piuttosto elevato” e con “margini di resistenza all’erosione” determinata dall’inflazione. Di conseguenza resta aperta la strada di una modulazione dei rimborsi sulla base delle fasce di reddito. E potrebbe essere fissata una soglia oltre la quale non ci sarà nessuna compensazione, sperando che la Corte la giudichi equa. Il sottosegretario all’Economia Enrico Zanetti, che aveva definito “immorale” il rimborso ai pensionati più ricchi, ha detto giovedì che “una soglia di 5 mila euro potrebbe rappresentare una misura giusta per il rimborso”.

Il Tesoro calcola in 17 miliardi lordi l’impatto sui conti – Intanto il Tesoro, secondo quanto riportato da Il Sole 24 Ore, ha quantificato l’impatto sui conti pubblici. E la stima va oltre le peggiori previsioni: secondo i tecnici si tratta di oltre 17 miliardi lordi, di cui 8,7 per 2012, 2013 e 2014, 1,9 miliardi per l’anno in corso e 3,5 per il prossimo biennio. Cifre che si riducono se si tiene conto che sui rimborsi si pagheranno naturalmente le tasse. Inevitabile, in ogni caso, che una parte dell’intervento reso necessario dalla sentenza venga coperto aumentando il deficit. Bruxelles permettendo.

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