Non sono bastati 17 milioni 845 mila 392 euro di contributi pubblici incassati in sette anni dal 2003 al 2009 ad evitare il naufragio. Dal 1996 in mano alla International Press di Valter Lavitola, l’ultimo inglorioso capitolo de “L’Avanti” lo ha scritto il 27 aprile scorso il Tribunale di Roma che ha dichiarato il fallimento della cooperativa editrice della testata.

AVANTI UN ALTRO Una sentenza che mette la parola fine all’esperienza del giornale fondato nel 1996, due anni dopo la messa in liquidazione dello storico “Avanti!”, organo del Partito socialista italiano, del quale, con uno stratagemma grammaticale (una “L” e un apostrofo), la International Press ne recupera di fatto il nome. Iniziando, a partire dal 2003, a percepire i contributi pubblici all’editoria. Circa due milioni e mezzo di euro l’anno che la società incassa puntualmente. Dimostrandosi, però, non altrettanto puntuale quando si tratta di pagare i dipendenti. Sono stati proprio due giornalisti, ex lavoratori della cooperativa editrice, rappresentati dall’avvocato Raffaele Nardoianni, a portare in tribunale la International Press. Che tra stipendi non saldati, trattamento di fine rapporto (Tfr) ed altre spettanze non corrisposte avrebbe dovuto sborsare quasi 130 mila euro.

CASSE VUOTE L’udienza per l’adunanza dei creditori davanti al giudice delegato è fissata per il prossimo 14 ottobre. Anche se sono poche le speranze per i due lavoratori di vedere soddisfatti i propri crediti: «L’unica certezza», spiega l’avvocato Nardoianni, «al momento è l’anticipazione del Tfr da parte del fondo di garanzia dell’Inpgi, l’Istituto di previdenza dei giornalisti». Per Valter Lavitola d’altra parte non è certo la prima grana giudiziaria della sua travagliata esperienza di editore e poi anche di direttore de “L’Avanti”. A parte la vicenda della presunta estorsione ai danni di Silvio Berlusconi insieme all’imprenditore Gianpaolo Tarantini, per la quale è stato indagato e arrestato per ordine della procura di Napoli, infatti, è proprio sulla gestione del giornale da lui fondato ormai quasi vent’anni fa che si sono accesi anche i riflettori della magistratura contabile.

RESA DEI CONTI Secondo la Corte dei Conti “L’Avanti”, ha percepito illegalmente oltre 20 milioni di euro. Per la precisione 23 milioni e 879 mila 502 euro, tra finanziamenti diretti (17,8 milioni) e indiretti, che lo Stato ha erogato, e dei quali è stata chiesta la restituzione alla International Press, nelle persone di Lavitola (proprietario) e Sergio De Gregorio (ex direttore del giornale). Nella sentenza del 9 gennaio di quest’anno i giudici scrivono che «è stato accertato che ingenti somme ricevute dalla International Press Scarl a titolo di contributo pubblico per l’editoria sono state poi trasferite al De Gregorio o a società a lui riconducibili. Ciò, senza tener conto – proseguono i magistrati – degli ulteriori illeciti commessi per occultare la truffa, quali la distruzione dei documenti falsi e il trasferimento all’estero delle somme illecitamente acquisite».

DIPENDENTI IN BIANCO Il collegio della Corte dei Conti ha condannato Lavitola e De Gregorio «a titolo di dolo e in via solidale» per «il sodalizio criminale» messo in piedi «per acquisire la contribuzione pubblica». Insomma, una brutta storia di prestanomi, false fatture, inesistenti attività di strillonaggio per gonfiare le vendite e accedere così ai contributi statali. E, secondo il Tribunale fallimentare di Roma, senza pagare nemmeno i dipendenti.
Twitter: @Antonio_Pitoni

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