Nel suo ultimo Financial stability report il Fondo monetario internazionale fa squillare un nuovo campanello d’allarme sulla situazione finanziaria dell’Italia. Questa volta nel mirino non c’è il debito pubblico ma quello privato, in particolare delle aziende, visto come un fattore penalizzante per la crescita economica. Ed è possibile che il suggerimento venga recepito dalla Commissione europea e si traduca in un nuovo rimbrotto al nostro Paese da inserire nelle consuete raccomandazioni di maggio. Parafrasando Rossini si può però osservare che in quello che sostengono gli economisti di Washington c’è del giusto e c’è del nuovo ma ciò che è giusto non è nuovo e ciò che è nuovo non è giusto, almeno non del tutto.

Per quanto riguarda le famiglie il Fondo nota come tra il 2007 e il 2014 il loro debito sia salito dal 38,2% al 42,8% del prodotto interno lordo. E’ necessario fare subito un’osservazione. Come spiega Chiara Fornasari della società di consulenza Prometeia, “se ci riferisce a questo arco temporale i debiti risultano in aumento in rapporto a qualsiasi indicatore, si tratti del Pil o del reddito disponibile, per la semplice ragione che questi sono scesi più rapidamente di quanto siano diminuiti i debiti”. Se si guarda al Pil in termini reali (ossia senza considerare l’aumento dei valori dovuti all’inflazione), quello italiano è sceso dai 1.492 miliardi del 2007 ai 1.362 del 2014. “In realtà, conferma Fornasari, negli ultimi due anni i debiti delle famiglie in valore assoluto sono rimasti stabili se non leggermente diminuiti”. Stando ai dati di Bankitalia un leggero calo è in atto dal terzo trimestre del 2013, principalmente grazie ad una piccola contrazione dei debiti bancari.

Attualmente le famiglie italiane sopportano nel loro insieme un debito pari al 62,9% del reddito disponibile contro una media dei Paesi area euro del 96 per cento. A sollievo dei bilanci familiari via Nazionale segnala anche un costante calo del costo in termini di interessi pagati per questi debiti. Le stesse tabelle dell’Fmi mettono inoltre in luce come sia previsto che da qui al 2020 i numeri tornino ai valori del 2007. Peraltro emerge anche come il saldo tra attivi e passivi risulti in crescita. La differenza tra valore delle azioni, depositi, conti correnti e altri investimenti meno i debiti passa infatti dal 149 al 152% del Pil. Anche in questo caso vale il discorso relativo al calo del valore del Pil, tuttavia la situazione finanziaria delle famiglie italiane non pare essersi particolarmente deteriorata né risulta significativamente peggiorata nel confronto internazionale. Basti pensare che in Paesi come Francia o Germania i debiti valgono circa il 55% del Pil, mentre in Spagna si sale fino al 72 per cento.

Più problematica la situazione delle aziende italiane, che effettivamente presentano un livello di debito piuttosto alto. Ma non è una novità che le piccole e medie imprese italiane presentino un indebitamento mediamente alto e molto sbilanciato verso il settore bancario. Dire che il problema si stia acuendo non è del tutto esatto. Stando ai dati Fmi il debito lordo delle aziende italiane è salito tra il 2007 e il 2014 dal 71,5 al 76,7 per cento del pil. In assoluto non pare un dato sconvolgente visto che si paragona all’84% della Francia, al 94% della Spagna, al 75% della Gran Bretagna. A preoccupare gli economisti del Fondo è soprattutto la tendenza, poiché, spiega il Report, senza interventi o cambiamenti il debito è destinato a rimanere vicino al 70% almeno fino al 2020. Ci aiuta ancora Fornasari: “Negli ultimi due anni le aziende manifatturiere italiane hanno in realtà alzato gli attivi e ridotto debiti. Si sono fatti meno investimenti e la liquidità è stata utilizzata soprattutto per questo scopo. Anche i fondi ottenuti dall’estinzione dei debiti della pubblica amministrazione sono stati utilizzati per limare i passivi”.

“Il problema, continua Fornasari, sono tutti quei debiti conteggiati tra i crediti deteriorati delle banche, su cui non si può più intervenire e che magari fanno capo ad aziende già fallite ma che contribuiscono ad appesantire il dato complessivo”. Questo aspetto è evidenziato anche nel rapporto Fmi, in cui infatti si auspica una soluzione di sistema per la gestione di questi debiti. In pratica la famosa bad bank che dovrebbe farsi carico di smaltire i prestiti in sofferenza oggi “in pancia” alle banche. Stando ai dati di Banca d’Italia il debito delle imprese risulta praticamente stabile dal 2010 e negli ultimi due trimestri del 2014 registra una lieve flessione attestandosi al 76,4% del Pil. L’ufficio studi di Mediobanca, che monitora l’evoluzione dei conti di oltre 2mila società italiane, ha certificato lo scorso agosto come il debito delle aziende sia effettivamente cresciuto negli anni della crisi passando dal 73% dei mezzi propri (in pratica il patrimonio netto) del 2004 al 90% del 2013. Tuttavia piazzetta Cuccia fa due importanti precisazione. La prima è che se si guarda solo alle aziende private il debito è invece sceso dal 109 al 94% e le aziende di medie dimensioni che presentano una struttura finanziaria particolarmente solida anche nel confronto internazionale. La seconda è che i debiti bancari scendono a vantaggio di altre forme di finanziamento come le obbligazioni. Da ultimo è bene notare, spiega ancora Fornasari, come la posizione netta sull’estero dell’Italia risulti in deciso miglioramento negli ultimi anni, un dato che è sinonimo di una maggiore stabilità finanziaria del sistema Paese.

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