Curare per oltre quindici anni la tomba del marito pulendola, portando fiori e tenendo sempre accesa la lampada votiva, pagando al Comune tutti i relativi servizi, e poi da un giorno all’altro vedere comparire di fianco al nome del defunto, nell’elenco delle salme da esumare, la scritta “sconosciuto” al posto del nome dei famigliari a cui è intestato il sepolcro. È successo a Fornovo Taro, comune di poco più di 6mila abitanti nel primo Appennino parmense, dove Giuseppina Priore, che nel 1996 è rimasta vedova del marito Mario Fantozzi, ha dovuto fare i conti con una paradossale omissione che ha fatto ripiombare lei e le sue due figlie nel dolore di quella perdita. Una dimenticanza, o un semplice disguido da parte degli uffici cimiteriali, che però per la famiglia ha significato una grave mancanza di rispetto a cui non riesce a dare una spiegazione. “E’ stata una pugnalata – ha raccontato la donna a ilfattoquotidiano.it – E’ come se io e le mie figlie ci fossimo dimenticate di mio marito. E soprattutto, come se nessuno sapesse chi siamo”.

A Fornovo infatti i parenti dell’uomo sono conosciuti da tutti, la tomba del capofamiglia scomparso a soli 45 anni è sempre stata curata e tenuta in ordine dalla moglie e dalle figlie per tutto questo tempo. Per questo, quando a giugno del 2013 affisso all’esterno del camposanto del paese è comparso l’elenco delle concessioni scadute in quell’anno, per Giuseppina Priore vedere accanto al nome del marito la parola “sconosciuto” riferito agli intestatari della sepoltura, è stato come uno choc. La cosa strana è che il Comune conosceva benissimo a chi appartiene la tomba, visto che i servizi cimiteriali come quello della luce perpetua sono sempre stati pagati regolarmente dalla Priore: “Il Comune sa chi sono, non ci sono scusanti. Anche perché tutti i servizi che erano intestati a mio marito, come le tasse sui rifiuti, nel momento della sua morte sono passati a mio nome. Anche se la sua scomparsa è stata tanti anni fa, ci vuole sempre rispetto per i parenti di un defunto, e in questo caso non c’è stato”.

Gli uffici comunali hanno spiegato che l’elenco delle concessioni in scadenza era stato pubblicato in automatico, e che la famiglia di Fantozzi sarebbe stata in ogni caso rintracciata prima dell’esumazione, come prevede la legge. “Per la sepoltura a terra non c’è un atto, perciò il nome in questo caso non era uscito in automatico, ma non era mai capitata una situazione del genere – ha spiegato l’impiegata che si era occupata della pratica – Quando abbiamo capito che per la famiglia la cosa creava disagio, ci siamo scusati e abbiamo fatto in modo che negli elenchi futuri non si verificasse più un fatto simile. In ogni caso, la pubblicazione è solo l’inizio della procedura che porta all’esumazione, che non sarebbe mai avvenuta senza prima avvisarli”.

Nell’elenco pubblicato dal Comune di Fornovo fuori dal cimitero e all’albo pretorio, su 338 concessioni scadute negli anni precedenti al 2013 che corrispondono a salme che devono essere ricollocate, gli intestatari indicati come sconosciuti sono meno di una quindicina, e riguardano tutti sepolture a terra come quella del marito di Giuseppina. Ma è anche vero che per circa altri 80 casi uguali presenti nel documento i nomi dei parenti sono stati tutti rintracciati e pubblicati. C’è anche da dire che nella maggior parte dei comuni per motivi di privacy i nomi dei famigliari non sono riportati: non succede per esempio nel Comune capoluogo di Parma, in quello vicino di Reggio Emilia e anche in molti altri del parmense. A Fornovo invece, per facilitare le pratiche e risalire più facilmente alle famiglie, spiegano dal municipio, gli intestatari sono resi noti. Cosa che però non è accaduto nel caso della Priore. “Hanno spiegato che per motivi di privacy non andrebbero nemmeno indicati i nomi dei parenti, anche se per noi sarebbe stato meglio non pubblicare nulla, invece che apporre l’aggettivo ‘sconosciuto’” ha continuato la donna, che dopo questo episodio è dovuta andare incontro anche ad altre spiacevoli situazioni. Come quella della tempistica dell’esumazione: “Dal Comune mi hanno detto che ci sarebbero voluti due mesi – racconta – Poco tempo dopo però sono stata contattata dalla ditta di servizi cimiteriali, che mi ha comunicato che sarebbero venuti pochi giorni dopo per l’operazione”. Da qui, tra stupore e rabbia, per la famiglia è cominciata un’altra odissea per fissare una data che rispettasse almeno i due mesi di tempo comunicati all’inizio e anche per decidere dove spostare la salma del congiunto. Il tutto, sempre dovendo passare dall’amministrazione per chiedere l’autorizzazione per le pratiche, e dovendo sborsare alla fine un totale di 1264 euro, di cui 570 euro per la sola esumazione (che in media anche negli altri comuni, dalla Lombardia all’Emilia Romagna, varia dai 200 ai 500 euro), a cui si sono aggiunti il costo per la cremazione e lo spostamento in un altro cimitero, pari a 440 euro, e le tasse.

“E’ stato un percorso faticoso, anche perché siamo stati trattati con molta freddezza dagli uffici comunali” aggiunge Priore, mentre il sindaco di Fornovo Emanuela Grenti, a cui la famiglia si era rivolta a suo tempo, ha spiegato che i suoi funzionari si sarebbero mossi secondo le procedure: “Capisco l’amarezza e dispiace di avere toccato la sfera affettiva – ha replicato – ma gli impiegati del Comune hanno operato con grande professionalità, cercando di rispondere sempre a ogni richiesta”. L’epilogo della vicenda è stata la scelta della famiglia di seppellire i resti del defunto nel cimitero di un paese vicino, e non più a Fornovo, per voltare pagina su quanto accaduto. “Quello che ci è successo è stato molto doloroso – conclude Priore – ma ora mio marito finalmente riposa in pace, sottoterra, come era nelle sue volontà”.

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