Amo il mio lavoro e non ho nessuna intenzione di lasciare l’insegnamento agli adulti detenuti ma devo dire che, di tanto in tanto, anche il contatto con gli studenti “normali” può regalare piacevoli sensazioni. L’occasione è venuta da un progetto sulla legalità della scuola “Argoli” di Tagliacozzo cui sono stato invitato a partecipare accompagnato dalla testimonianza di due ex detenuti. Si tratta di un ciclo di incontri cui sono stati chiamati magistrati, rappresentanti delle forze dell’ordine e esperti di varia natura.
Mi è parsa un’ottima idea quella di far sentire anche la voce di chi ha vissuto in prima persona l’esperienza del carcere. Il progetto “Libertà e Sapere” che porto avanti per la mia scuola da 10 anni ha in fondo lo stesso scopo: sono per lo più incontri-dibattito con autorevoli rappresentanti delle Istituzioni e della cultura, accademica e non, ma soprattutto una lunga serie di attività attraverso cui, fondamentalmente, si tende a lanciare ponti tra il carcere e la società esterna.
Quindi i due progetti hanno trovato un punto d’incontro a dir poco eccezionale: nella splendida cornice del Teatro Talìa abbiamo potuto confrontarci con oltre duecento studenti di vario ordine e grado, oltre che con le autorità cittadine che hanno voluto intervenire. Dopo esserci brevemente presentati, abbiamo lasciato spazio al dibattito basato sulle domande dei ragazzi. I nostri ospiti, due siciliani le cui storie sono in vario modo e a vario titolo legate al fenomeno mafioso, hanno risposto puntualmente a tutte le sollecitazioni dei ragazzi e il discorso complessivo che ne è emerso è stato veramente interessante.
Tra le tante, una domanda indirizzata a me mi ha colpito in particolare: un giovane studente si è alzato in prima fila, ha parlato di “mondo ad altissima densità mafiosa” e mi ha chiesto “cosa è la legalità, l’etica, il rispetto della legge e delle elementari regole del buon vivere”. Bella domanda, ma per rispondere avrei avuto bisogno di almeno una decina d’ore. Anzi, meglio, di un vero e proprio corso di rudimenti del diritto. Avrei voluto spiegargli l’essenza della legalità e in cosa si differenzia dalla legittimità; parlargli della distinzione tra legalità formale e legalità sostanziale. Quanto alla mafia, in una società purtroppo sempre più minacciata dalla micro e macro criminalità, c’è un’evidente, urgente bisogno di sicurezza ma non bisogna mai dimenticare che l’unica risposta possibile non può che basarsi sulla legge e la certezza della pena.
A quest’ultimo proposito, Cesare Beccaria già secoli fa diceva che la pena è veramente efficace non tanto se è dura, al limite crudele, ma proprio se è certa: meglio una pena moderata ma infallibile e rapida che una pena molto severa ma accompagnata dalla speranza di farla franca. Gli studenti dovrebbero sapere che la legge non è qualcosa di trascendente, che cala sugli individui come un dettato divino, ma è alla fin fine frutto della società che la adotta e che in un modo o nell’altro, più o meno direttamente, gli fornisce la necessaria legittimazione; e una norma per essere pienamente attuata deve essere interiorizzata da chi deve applicarla e alla fine esserne soggetto.
Questo ovviamente non deve giustificare la creazione di norme che non abbiano i requisiti di generalità e astrattezza, e che anzi siano fatte ad hoc o peggio ad personam, il che mina alla base l’essenza del diritto. Soprattutto dello Stato di diritto, che dall’età moderna, in tutti i paesi civili, è caratterizzato dal principio di legalità per cui tutti, nessuno escluso, a cominciare da chi detiene il potere, devono sottostare alla legge, senza la possibilità di poter sperare di rifugiarsi in zone torbide di impunità.
Questo e tanto altro avrei voluto dire a quegli studenti, così entusiasti dei nostri racconti e così interessati a questioni solitamente lasciate da parte, all’attenzione dei soli addetti ai lavori.