Antonio Azzollini, campione delle leggi ad se stessum. Il latino è del tutto maccheronico, ma rende l’idea. Il senatore Ncd, presidente della Commissione bilancio, di recente attenzionato per la seconda volta dalla Corte dei Conti, potrebbe scampare dalle accuse che lo hanno fatto finire nel registro degli indagati per la vicenda del porto di Molfetta, città pugliese di cui era sindaco, un appalto da 57 milioni (vinto dalla coop rossa cmc di Ravenna) per un’opera mai finita, ma per la quale lo Stato ha stanziato finora oltre 169 milioni. Secondo Repubblica Bari, un piccolo comma inserito in una legge approvata l’anno scorso (quella dei famosi 80 euro di Renzi) potrebbe far cadere una delle accuse contestate al politico alfaniano dalla Procura di Trani. Quella di aver versato 5,7 milioni di euro alle imprese appaltatrici del porto con un “artifizio contabile”, sostengono i pm, in modo tale che il Comune di Molfetta apparisse comunque in regola con il patto di stabilità per gli enti locali.

Sotto la lente è il comma 1-bis dell’articolo 18 del decreto legge n.16 del 2014, poi convertito in legge. E proprio in sede di conversione (prima stranezza) è comparso il “bis” incriminato. Il quale, “per i mutui contratti dagli enti locali antecedentemente al 1o gennaio 2005″ offre una nuova interpretazione di una precedente norma, il comma 76 dell’articolo 1 della legge 30 dicembre 2004, n. 311. Proprio quella che i pm di Trani contestano ad Azzollini di aver violato.

Con la delibera 179 del 2011, affermano infatti i pm nelle carte del’inchiesta, la giunta Azzollini iscriveva il mutuo acceso presso la Cassa Depositi e Prestiti, anziché nelle “entrate derivanti da accensione di prestiti”, come “correttamente allocato” nel bilancio 2004, nelle “entrate derivanti da alienazioni, da trasferimenti di capitale e da riscossioni di crediti”, con l’obiettivo “di neutralizzare gli effetti degli incassi e dei pagamenti eseguiti in favore delle imprese esecutrici ai fini del conteggio del patto di stabilità interno del Comune di Molfetta”.

La nuova interpretazione del comma 1-bis è tale che “l’ente locale beneficiario può iscrivere il ricavato dei predetti mutui nelle entrate per trasferimenti in conto capitale, con vincolo di destinazione agli investimenti”. Così facendo, “l’eventuale rimborso da parte dello Stato delle relative rate di ammortamento non è considerato tra le entrate finali rilevanti ai fini del patto di stabilità interno”. Un cavillo supertecnico, ma a sollevare sospetti è innanzitutto il riferimento netto al 2005, visto che il pagamento incriminato era stato iscritto nel bilancio del Comune di Molfetta giusto nel 2004. E l’inchiesta contro Azzollini e una sessantina di indagati era diventata di pubblico dominio il 7 ottobre 2013, con due arresti. Come mai sei mesi dopo, nel marzo del 2014, qualcuno si preoccupa di intervenire sui mutui contratti dai Comuni otto anni prima?

Ilfattoquotidiano.it ha ricostruito la storia di quell’emendamento. Anzi, di quei tre emendamenti identici presentati simultaneamente alla Camera il 27 marzo 2014, in sede di conversione del decreto. Le firme sono bipartisan, ma a netta maggioranza democratica. Il primo è stato proposto da Bruno Censore e Alfredo D’Attorre (entrambi Pd). Il secondo da Michele Pelillo (Pd, eletto in Puglia). Il terzo da Rocco Palese (Pdl, oggi Forza Italia, eletto in Puglia). Unificati e approvati in aula. Poi il testo è passato al Senato, transitando anche per la Commissione bilancio guidata da Azzollini, ed è diventato legge dello Stato. “L’emendamento è stato sollecitato a me e a Censore dall’Anci Calabria, la regione dove siamo stati eletti, per aiutare alcuni Comuni a rischio dissesto”, spiega D’Attorre a ilfattoquotidiano.it. “Tra l’altro non ho mai conosciuto il senatore Azzollini né ero al corrente delle sue vicende giudiziarie”.

Non è la prima volta che il Parlamento licenzia leggine utili al potente ex sindaco di Molfetta. Fra le accuse della Procura di Trani contro Azzollini c’è quella di avere dirottato i copiosi fondi statali stanziati per il porto ad altre destinazioni, dalla pista di atletica alla sistemazione dei marciapiedi. Molti di questi dirottamenti, però, non possono essergli contestati in virtù di una norma del 2005 (il dl 203 poi convertito in legge), secondo la quale i fondi da quel momento in poi stanziati per il porto di Molfetta potevano essere utlizzati anche per “la realizzazione di opere di natura sociale, culturale e sportiva”. Il pronto soccorso ad Azzollini è spesso bipartisan. Nell’ottobre scorso il Pd è stato determinante per respingere la richiesta della Procura di Trani di utilizzare alcune intercettazioni telefoniche – sempre relative all’inchiesta sul porto – in cui compariva il parlamentare. Il prezzo pagato dai dem fu una lacerazione interna con tanto di autosospensione del senatore Felice Casson. Una vicenda che ha poi pesato sulla sua decisione di candidarsi a sindaco di Venezia, con la prospettiva di lasciare Palazzo Madama (e i suoi compromessi) se eletto.

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