“E’ una giornata storica, un giorno atteso per molti anni da un’intera generazione che ha visto la politica fare la guerra ai precari ma non al precariato. Superiamo l’articolo 18 e i cococo. Nessuno sarà più lasciato solo. Ci saranno più tutele per chi perde il posto e parole come mutuo, ferie, diritti buonuscita entrano nel vocabolario di una generazione che ne era stata è esclusa”. Così il premier Matteo Renzi in conferenza stampa dopo il Consiglio dei ministri che ha approvato in via definitiva i primi due decreti attuativi del Jobs Act – quelli sul contratto a tutele crescenti e sui nuovi ammortizzatori sociali, varati il 24 dicembre – e ha esaminato quello sul riordino delle forme contrattuali e le nuove disposizioni in materia di conciliazione dei tempi di vita e di lavoro, oltre al ddl Concorrenza. “Abbiamo tolto ogni alibi a chi dice che in Italia non ci sono le condizioni per assumere. Da oggi il lavoro presenta più flessibilità in entrata e più tutele in uscita. Nessuno resta solo quando viene licenziato”, ha sostenuto il presidente del Consiglio. “Restituiamo ai pollai i cococo, cocopro e coco vari”, ha spiegato poi riferendosi al fatto che i contratti di collaborazione a partire dall’1 gennaio 2016 andranno in soffitta per essere sostituiti dal nuovo contratto a tutele crescenti. “Questo tipo di intervento vedrà circa 200mila nostri connazionali passare dal cococo ma soprattutto dai cocopro al contratto a tutele crescenti, quindi un lavoro a tempo indeterminato”. Quanto al disegno di legge sulle liberalizzazioni, Renzi ha presentato in sintesi le norme sulle assicurazioni, sui contratti telefonici e sulla notifica delle multe, dove viene superata “la riserva per Poste” che “c’è solo in Ungheria e in Portogallo”. “Diamo una sforbiciata, perché riduciamo il gap tra chi gode di una rendita e chi non ne usufruisce, ha detto il premier. Anticipando che “andremo un po’ meno dal notaio, andremo con più serenità incontro ai nostri professionisti”. Il ddl “incontrerà in Parlamento le resistenze delle lobby, ma noi le sfideremo”, ha poi annnciato. Affermazione che però stride con il contenuto di alcune delle norme approvate. A partire da quelle in materia di Rc auto, che come emerso nei mesi scorsi ricalcano pari pari quelle decisamente favorevoli per le compagnie inserite dall’esecutivo di Enrico Letta nel decreto Destinazione Italia e stralciate dopo le polemiche.

Confermato lo stop al reintegro anche nei casi di licenziamento collettivo – “La nostra scommessa è puntare sui contratti a tempo indeterminato rovesciando una mentalità che fino ad oggi voleva che si assumesse con qualunque contratto tranne con quello a tempo indeterminato”, ha spiegato il ministro del Lavoro Giuliano Poletti. Dal momento in cui il governo varerà il decreto attuativo sulle tipologie contrattuali non sarà più possibile sottoscrivere nuovi contratti di collaborazione a progetto. Quelli in essere, invece, dall’1 gennaio 2016 saranno trasformati in rapporto di lavoro subordinato nel caso mascherino un rapporto di lavoro dipendente. Negli altri casi, ha detto Poletti, “dipende: chi di fatto è una partita Iva, per esempio, aprirà la partita Iva”. Al contrario, “se i controlli verificano l’esistenza di una partita Iva fasulla gli si applicano le regole del lavoro dipendente”. Quanto all’ipotesi che il Consiglio dei ministri potesse decidere di modificare i contenuti dei decreti approvati prima di Natale, Poletti ha invece chiarito che “il governo ritiene che ci sia equilibrio nelle norme del decreto attuativo del Jobs act, sul contratto a tutele crescenti e su quello che riguarda la Naspi e per questo ha deciso di non cambiarle”. Di conseguenza “il decreto sul contratto a tutele crescenti non è stato modificato sul tema dei licenziamenti collettivi“. Vale a dire che è confermato che la cancellazione del diritto al reintegro per i nuovi assunti riguarda anche le procedure di licenziamento che coinvolgono gruppi di lavoratori. Con il risultato di creare nella stessa azienda categorie di dipendenti con trattamenti diversi a seconda dell’anzianità di assunzione.

Anche le aziende non in crisi potranno demansionare i dipendenti – Poletti ha poi dovuto ammettere che sul tema del demansionamento una variazione non da poco rispetto ai contenuti della delega c’è in effetti stata: “Il lavoratore avrà sempre garantito il trattamento economico“, ma l’azienda potrà ridurre il suo inquadramento “fino ad un livello” a fronte di una “riorganizzazione o di una ristrutturazione aziendale”. Non servirà, dunque, che l’impresa stia attraversando un periodo di crisi. Basterà che invochi la necessità di “riorganizzarsi” e avrà strada libera nello spostare i dipendenti a mansioni meno qualificate delle precedenti. E lo stesso avverrà “negli altri casi individuati dai contratti collettivi“. Peraltro anche sul fronte economico la garanzia è molto relativa, visto che il mantenimento del reddito non comprende “trattamenti accessori legati alla specifica modalità di svolgimento del lavoro”. E saranno possibili “accordi individuali in sede protetta tra datore di lavoro e lavoratore che possano prevedere la modifica anche del livello di inquadramento e della retribuzione al fine della conservazione dell’occupazione, dell’acquisizione di una diversa professionalità o del miglioramento delle condizioni di vita”.

Altre novità riguardano l’eliminazione del lavoro ripartito e delle associazioni in partecipazione e l’introduzione del “contratto di ricollocazione: un voucher con quale ci si rivolge all’agenzia per trovare un nuovo posto di lavoro”. I contratti a termine e il lavoro a chiamata invece non cambiano e anche per le somministrazioni di lavoro resteranno in sostanza le norme attuali. “Non siamo stati cosi bravi da trovare una soluzione alternativa”, ha detto Poletti.

Il Consiglio dei ministri ha anche approvato nuove norme sulla maternità: è stata prevista l’estensione del congedo parentale dagli attuali 3 anni di vita del bambino a 6. Per quanto riguarda la retribuzione del lavoratore in congedo, rimane al 30 per cento come è attualmente, secondo quanto spiegato dal ministro. Inoltre “abbiamo equiparato maternità e paternità con le adozioni o gli affidi perché riteniamo che quella famiglia ha gli stessi diritti”. In materia di congedi di paternità, viene estesa a tutte le categorie di lavoratori la possibilità di usufruire del congedo da parte del padre nei casi in cui la madre sia impossibilitata a fruirne “per motivi naturali o contingenti”.

Decreti fiscali rimandati perché “non possiamo permetterci altri passi falsi” – Alla domanda sullo slittamento dei decreti fiscali, che andranno in un successivo Consiglio dei ministri perché – è la versione ufficiale – il ministro dell’Economia non ha potuto essere presente dovendo presenziare alla riunione dell’Eurogruppo sulla Grecia, Renzi ha detto che “molte delle norme sono già pronte” e “il rinvio di oggi è dettato esclusivamente dalla circostanza di Piercarlo all’Ecofin”. In ogni caso, “quello sul fisco che dobbiamo offrire all’attenzione dei cittadini è un disegno complessivo e le polemiche delle settimane scorse mi hanno confermato che non possiamo permetterci passi falsi verso l’esterno, quindi i 15 giorni in più che ci prendiamo li useremo per affinare i testi dove necessario” e proporre un disegno che “elimini la discrezionalità dei pubblici uffici nella gestione fiscale, che spieghi che noi siamo contro l’evasione e pro business”. “Abbiamo avuto bisogno che Piercarlo fosse a Bruxelles perché l”Italia sta tentando di arrivare a un’intesa, a un punto di accordo”, ha affermato poi il premier passando a commentare le trattative con la Grecia sul debito. “Trovo che il principio riforme in cambio di tempo è giusto. La Grecia deve fare riforme fondamentali come quella contro l’evasione fiscale e d’altra parte è importante che gli impegni che si sono siglati siano affrontati e gestiti, ma il dibattito è molto acceso e non aggiungerò altro, Padoan è lì per questo, tutti siamo impegnati a dare una mano in questa direzione”.

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