Una quarantina di appartamenti con i sigilli, un intero quartiere di periferia sotto sequestro. Siamo a Sorbolo, quasi 10 mila abitanti a due passi da Parma e a una manciata di chilometri da Brescello. Qui, tra via Genova e via Marmolada, il 28 gennaio gli abitanti si sono svegliati con il rumore degli elicotteri e i fari puntati delle forze dell’ordine, arrivate per sequestrare gli edifici della Gea Immobiliare, una delle società edili con cui, secondo l’inchiesta che ha colpito le cosche in Emilia, la ‘ndrangheta portava avanti le sue operazioni. Pochi di coloro che vivono nella zona, però, sono disposti a parlare con i giornalisti. Alcuni sbattono la porta, altri si sfogano, ma solo lontano dalla telecamera. “Si sapeva da tempo che la criminalità faceva affari qui. Ce ne siamo accorti noi, come è possibile allora che non se ne sono accorti il Comune e chi doveva vigilare?”. Secondo le indagini della Dda di Bologna, a foraggiare i cantieri nell’area ai margini del paese era Romolo Villirillo, emissario del boss Nicolino Grande Aracri in Emilia, che dall’affare Sorbolo riusciva a fruttare dai 30mila ai 40mila euro al mese. Il tutto per un giro d’affari da oltre 20 milioni di euro. Il sodalizio ruotava intorno al nome di Francesco Falbo, imprenditore sorbolese originario di Cutro, che nel 2007 era entrato in contatto con i fratelli Giulio e Giuseppe Giglio, tutti coinvolti nell’inchiesta. I proventi delle operazioni tornavano poi alla casa madre di Cutro. Nei giorni scorsi, il giovane sindaco Nicola Cesari, da otto mesi alla guida del Comune, ha rassicurato i suoi abitanti e ora si dice pronto a “collaborare con la giustizia, a vigilare insieme alla comunità per contrastare in futuro qualsiasi forma di illegalità”  di Silvia Bia e Giulia Zaccariello

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