Quando Beppe Grillo fece la sua conferenza stampa alla discoteca Le Banque di Milano c’ero anche io con la mia piccola e inseparabile videocamera. Mi sono sempre chiesto: “Come sarebbe un servizio giornalistico fatto da un poeta?”. Così ho dato vita insieme all’amico pianista Nicola Gelo alla rubrica L’occhio che uccide, una rubrica che ha come scopo proprio quello di indagare l’attualità attraverso uno sguardo diverso, più profondo e suggestivo, anche di natura simbolica, la realtà che ci circonda ha una sua cifra segreta che solo la poesia può toccare o almeno sfiorare.
Il progetto – Occhio che uccide – continuerà a fare “le sue vittime”, ma questo film non ne fa parte, viene prima, l’idea però è la stessa, per questo ve lo propongo. La sensazione che ho avuto sul luogo del delitto (il luogo delle riprese) è stata quella di una “marmellata digitale” nel quale il fenomeno Grillo è immerso completamente.
Un esercito di smartphone, iPad, videocamere, globi oculari digitalizzati, efflorescenze e subflorescenze a cristalli liquidi, perdita di molecole di realtà, alta definizione dell’indefinito, e infine l’essere umano sempre più smarrito all’interno (o all’esterno?) di questo caos terminale. Non esistono fatti ma interpretazioni di fatti, così Grillo non esiste sul piano della percezione come cosa in sé, non esiste un Grillo in sé, esistono solo interpretazioni di Grillo.
Questa è la mia.
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