All’alba – erano le due del pomeriggio – della mia metamorfosi da graduate a post-graduate, mi ritrovai in Chiswick High Rd, sotto un sole d’agosto – quello del 2003 – da record, con stretto al cuore un curriculum lavorativo ed un practical skill set equivalenti a quelli di un bambino dell’asilo: ‘Federico è molto bravo a colorare, sta nei bordi e rimette sempre il tappo al pennarello, quando ha finito.’

Va bene Meisner, Jacobean Theatre e Restoration, ma cos’altro sai fare?

I can balance the stage quite well…

Eh?

Chiswick High Rd (Zona Postale 4, nel West di Londra) è cambiata molto, rispetto ad undici anni fa. Adesso di Hairdressers ce ne sono dieci, invece che sei. (E meno male. Tagliarsi i capelli era quasi impossibile.)

Così, armato di terrore e tanta buona volontà, iniziai a visitare, in ordine di numero civico ciascun negozio aperto, per lasciare il mio sorprendente cv ed iniziare la mia adult life.

Dopo alcuni giorni di insuccessi, riuscii ad avere un colloquio con la proprietaria di un negozio di arredamenti iraniano, per la posizione di ‘shop assistant’, nel reparto vernici e ferramenta. Il mestiere del mestichiere… O mesticario…O mesti…Insomma, in mesticheria.

Io non so da dove cominciare, ma la proprietaria mi assicura che Andrew mi insegnerà ‘all I need to know’: non c’è di che preoccuparsi. Così non mi preoccupo. Almeno finché non incontro Andrew.

Primo giorno di lavoro (Saturday).

Andrew, neanche vent’anni, texano, ex-military, vuole ‘ucciderli tutti’. Me lo dice fra un Midnight Blue ed un Magnolia. Misti ai numeri e alle combinazioni per ottenere la tinta giusta, ci sono appassionate confessioni di come vorrebbe afferrare questo o quel cliente e: ‘Bam bam bam!!! In the f***ing guts, motherf***er!!!

Non so come reagire…Durante il lunch break, lo osservo con un misto di orrore e curiosità: io mangio un sandwich al prosciutto di plastica, lui alterna trazioni alla sbarra – che ha debitamente montato nel retrobottega – ad ilari aneddoti di sleep deprivation. Lo ascolto, senza quasi mai interrompere. Anche perché la mia prima richiesta di chiarimento non va benissimo:

F: Oh, you were in the Marines?

A: F**k no!! I was a Seal. F**k the Marines!!

F: Senz’altro.

Qualcosa imparo. Vynil per bagno e cucina, water-based per il resto della casa. Mischio un paio di colori, senza perdere una mano. Sembra quasi che ce la possa fare. Ma quando Andrew mi dice che da lunedì lui se ne torna al college – god help those students – e lavorerà solo part-time, lasciando il negozio in mano a me per il resto della settimana, il bagno chiama. Ma non posso che adeguarmi, sperando che tutte quelle lezioni di ‘improvvisazione immaginativa’ siano servite a qualcosa.

E, in un certo senso, nei tre mesi seguenti l’improvvisazione funziona. E’ la completa mancanza di interesse e/o talento per il Diy, a costituire il problema. Un giorno, entra un muratore e mi chiede un ‘filler’. Io gli presento con ansia tutti gli utensili che mi passano per mano: chiodi, bulloni, spugne. What does he need to fill?! Imbarazzante per me, ma soprattutto surreale per il muratore. ‘Why is this guy in charge, here? Is this a prank?’.

Naturalmente, la proprietaria iraniana non è per nulla contenta. Cerco di spiegarle che, forse, due giorni di training con Sgt. Hartman non sono proprio stati sufficienti. Mi dà dell’incapace, urla, sbraita…E’ una scena penosa. La vergogna e il fallimento mi prendono alla gola. Poi, d’un tratto, mi ricordo che chissenefrega. E me ne vado. Ho deciso che è l’ora di tagliarmi i capelli.

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