La storia di un piccolo gruppo di cittadini – militanti radicali – supportati da due avvocati, un geologo e un deputato, che per oltre un quarto di secolo si è battuto per la salute delle persone e dell’ambiente, in una delle più belle aree verdi appoggiate sul Po intorno a Cremona, è tutta in “Morire di petrolio. Trent’anni di lotte radicali a Cremona contro l’inquinamento ambientale, economico, sociale e politico”. Un libro (Reality Book, pp. 201, euro 12), di prossima uscita, che racconta la battaglia di un manipolo di attivisti che ha portato alla condanna in primo grado dei vertici della Tamoil, raffineria responsabile di “disastro doloso di natura ambientale” – si legge nel dispositivo della sentenza arrivata lo scorso luglio – senza precedenti. Un pronunciamento giunto dopo sette anni di indagini, 40 udienze, perizie, controperizie, analisi, campionamenti, sopralluoghi.

morire di petrolio_copertina“La durata è la forma delle cose”, dice l’autore del saggio, Sergio Ravelli, ispirandosi a una frase del filosofo Bergson. “Perchè un tale risultato è stato possibile solo grazie ad una lotta fatta di professionalità, rigore morale, rischio personale (con esposizione all’isolamento) e in maniera disinteressata senza alcun tornaconto. Tenacia che ci ha portato a trovare quel pertugio che ha portato al rinvio al giudizio”. E quindi all’istruzione del processo, da parte del giudice Guido Salvini, terminato, oltre che con la condanna dei dirigenti, con l’ordine di pagamento, da parte dell’azienda, di una provvisionale immediatamente esecutiva di un milione di euro al Comune di Cremona. La più alta mai concessa in Italia in casi simili, e pari solo al risarcimento Thyssen. Ma in quel caso l’amministrazione comunale si era costituita parte civile, a Cremona la precedente giunta non lo aveva fatto, accontentandosi di un accordo stragiudiziale con Tamoil: in sintesi, la rinuncia a costituirsi in cambio della bonifica dell’area). Somma che arriva così grazie all’azione popolare, istituto utilizzato di rado (4 volte in 12 anni) seppur previsto dal Testo Unico sull’ordinamento degli enti locali, avanzata da un semplice cittadino che si costituito parte civile nel processo agendo per conto del Comune. Il caso Cremona fa scuola, in giurisprudenza, anche perché per la prima volta un giudice ha esteso la fattispecie di reato previsto dall’articolo 434 del codice penale, nella parte in cui si legge “altri disastri dolosi”, all’ambiente.

Quasi mai utilizzata, l’azione popolare permette a un cittadino di costitursi parte civile al posto del Comune

Ecco perché, partito come racconto, il volume si è trasformato in manuale tecnico-giuridico per la “scienza e la coscienza civica e ambientalista”, da poter essere utilizzato in tutta Italia ove esistono “bombe ecologiche come la Tamoil”. Un insediamento produttivo attualmente dismesso – ora è un deposito – e in attesa di una bonifica che secondo molti mai verrà portata a compimento.

Ma se oggi rappresenta un simulacro di se stesso, il polo produttivo ebbe un peso decisivo come terminale del potere di Gheddafi, proprietario della raffineria. Il capitolo “Tamoil agente di Gheddafi” ci riporta agli anni Novanta. E nel contesto di una piccola città, dove l’establishment politico-istituzionale locale era in una condizione di totale subalternità al rais, così come l’Italia lo era sul piano energetico nei confronti della Libia. In quegli anni le sanzioni dell’Onu che gravavano sul regime libico, a seguito dei fatti di Lockerbie, comportavano il blocco petrolifero, aggirato però in quanto mai si sono arrestati i flussi di denaro (Italia-Libia) e di petrolio (Libia-Italia), vuoi per esigenze occupazionali (360 i dipendenti della raffineria, più altri 1.000 se consideriamo l’indotto), vuoi per il prezzo conveniente al quale veniva acquistato il combustibile.

Negli anni Novanta, l’establishment della città era in condizione di totale subalternità a Gheddafi

Una ricostruzione giornalistica del 1997 narra del viaggio in Libia di una delegazione di dirigenti Tamoil e di amministratori locali. “Per superare l’embargo decretato dall’Onu – si legge nell’articolo – il gruppo cremonese raggiungerà Tripoli attraverso la Tunisia”. Nessuno, poi, è in grado a quantificare l’ammontare delle sponsorizzazioni che grazie a Tamoil sono piovute sulla città (cultura, sport, associazioni; ma anche il patrocinio a numerose manifestazioni).

Dopo la sconfitta di Tamoil in prima grado, un dilemma si apre tuttavia in città. Che farà, a questo punto, il Comune, una volta depositate le motivazione della sentenza e resa esecutiva la provvisionale di un milione di euro? Si accontenterà dei soldi? Si metterà d’accordo per una somma maggiore e rinuncerà all’appello? E farà lo stesso sul versante civile, per il risarcimento completo del danno? A oggi, una risposta ancora non c’è.

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