Cultura

Marc Chagall a Palazzo Reale: “Si deve andare oltre la sua immagine stereotipata”

E' la più grande retrospettiva degli ultimi 50 anni mai dedicata al maestro russo in Italia con 220 opere anche da Pompidou e MoMa. "E' un artista più complesso e problematico di quanto si creda", ha detto il direttore di Palazzo Reale, ricordando come Chagall abbia vissuto due guerre mondiali, esilio e nazismo pur mantenendo una visione mistica e infantile della realtà

di Elisa Murgese

La più grande retrospettiva degli ultimi 50 anni mai dedicata a Marc Chagall in Italia. A Palazzo Reale di Milano, soprattutto dipinti dal 1908, data in cui Chagall realizzò le sue prime opere come il Nudo rosso del 1909, fino alle ultime degli anni ‘80. Un regalo alla città di Milano in cui compaiono tanto gli inediti di collezioni di eredi come i capolavori dei maggiori musei del mondo. Oltre 50 collezioni pubbliche che vanno dal MoMa, il Metropolitan Museum di New York, e la National Gallery di Washington, passando per il Museo Nazionale Russo di San Pietroburgo e il Centre Pompidou“Gli uomini frettolosi di oggi sapranno penetrare nella sua opera, nel suo universo?”. È la domanda che si fa Chagall nel 1947 scrivendo la postfazione dell’autobiografia della moglie Bella, che l’ha lasciato “nelle tenebre” morendo all’improvviso tre anni prima. Ma è una domanda che si può accostare anche alla sua opera, quella di un artista che parla un linguaggio così universale da essere amato da tutti. Anche perché rimasto fedele a se stesso pur attraversando un secolo di guerre, catastrofi, rivoluzioni politiche e tecnologiche. 





Direttore Palazzo Reale: “Obiettivo? Andare oltre l’immagine stereotipata”. “Spesso accade che l’idea di una mostra nasca dalle conversazioni che si fanno con curatori e studiosi in occasione di visite ad altre mostre – commenta il direttore di Palazzo Reale Domenico Piraina. “È quello che è successo con questa esposizione su Chagall”. L’idea è stata semplice. Offrire il maggior numero possibile di opere di uno degli artisti più amati del secolo, per dare una visione completa del maestro russo. “Perché di Chagall si offre, spesso, un’immagine edulcorata stereotipata“, commenta Piraina, un’immagine che non coincide con la personalità artistica di un uomo che ha vissuto le carneficine di due guerre mondiali, il nazismo, l’esilio, le persecuzioni contro gli ebrei (lui, di origine ebraica). “Ci sembrava, insomma, che Chagall fosse un artista più complesso, sfaccettato e problematico di quanto la tradizione critica e l’immaginario collettivo sostenessero”, conclude il direttore di Palazzo Reale.  

Una nuova interpretazione del linguaggio di Chagall. Il linguaggio del maestro russo è immediatamente riconoscibile. Eppure il suo tratto sperimentò tutte le avanguardie, curioso. Immagini che cercano una loro strada, fedeli a se stesse nonostante il mondo attorno fosse scosso da catastrofi. Ma la mostra vuole andare oltre la classica visione del romanticismo di Chagall. Il tema è proprio dare una nuova interpretazione del linguaggio dell’autore, la cui vena poetica si è costruita nel corso del Novecento unendo le maggiori tradizioni occidentali: dall’originaria cultura ebraica (degli aspetti mistici), a quella russa (delle immagini religiose), all’incontro con la pittura francese delle avanguardie. 

Il perenne esilio dell’artista apolide. All’interno di un rigoroso percorso cronologico, la mostra è divisa in sezioni, partendo dalle opere russe degli esordi, poi il primo soggiorno francese, e il successivo rientro in Russia fino al 1921. Con l’autobiografia scritta da Chagall al momento del suo definitivo abbandono della Russia, si aprirà il secondo periodo del suo esilio, prima in Francia e poi, a causa del nazismo, in America dove vivrà anche la tragedia della morte della moglie Bella; con il rientro in Francia e la scelta definitiva di stabilirsi in Costa Azzurra Chagall ritroverà il suo linguaggio poetico più disteso, rasserenato dai colori e dall’atmosfera.

“Una cosmogonia naturale senza unità di etnia”. Un artista che, nonostante il perenne esilio, non ha mai perso lo stupore di fronte alle creature viventi, tanto da collocarsi più vicino alle fonti medievali che a quelle novecentesche. I fiori e gli animali, presenza costante nei suoi dipinti, diventano quindi metafore di un universo possibile in cui tutti gli esseri viventi possono vivere in pace. Una forza, quella di Chagall, che vede da una parte un metissage fra le culture e dall’altra proprio il suo essere apolide, senza radici. “La mostra vuole rappresentare uno sguardo accogliente nei confronti dello spirito del tempo”, commenda Filippo Del Corno, assessore alla Cultura di Milano. “Il percorso dell’esposizione vuole ritrovare nelle tappe di Marc Chagall una cosmogonia naturale e umana che non ha un’unità di etnia o origine”. L’universo di Marc Chagall è un viaggio a tappe nella storia, che accompagna a percepire la molteplice identità, poetica e artistica, della cultura europea.

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