E mi riaffiora un pensiero che porto dentro dall’infanzia: non dico soltanto la scoperta che i genitori sono stati giovani. Di più: che lo sono ancora. Perfino oltre: che certi stati d’animo – l’entusiasmo, la meraviglia, il desiderio in tutte le sue declinazioni – non sono confinati nella giovinezza, ma è giusto portarseli dentro sempre.
Eppure ci confonde riconoscere nei nostri genitori slanci, piccole e grandi passioni che rendono fragili e vulnerabili. Che rivelano il nostro bisogno di trovare ancora nella vita occasioni e risposte. Penso al bellissimo libro “L’età delle promesse” di Mark Slouka che racconta gli anni dell’adolescenza. Già, il tempo delle promesse è finito. Non sempre i “grandi” poi le mantengono. E, però, vorrei dire ai miei figli: se potete, credete lo stesso a quello che vi diciamo. Alla nostra buona fede. Amateci così. Anche se non siamo forti come credevate.
Il Fatto Quotidiano, 5 ottobre 2014
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