“Senza iscritti il Pd non è più un partito”. E’ Pier Luigi Bersani a commentare i dati, riportati da Repubblica, sul crollo del tesseramento nel Partito democratico. La lunga settimana dem iniziata con lo scontro in direzione sull’articolo 18 e la sfida tra la minoranza e il premier Matteo Renzi, si conclude con ancora più tensioni di come era cominciata. Sono i numeri, rivelati in parte dai circoli e in parte dalla dirigenza, a far gelare il sangue della dirigenza. Secondo le previsioni infatti, saranno meno di 100mila le tessere nel 2014 (furono 539.354 nel 2013). Un partito”, continua l’ex segretario democratico, “fatto solo di elettori e non più di iscritti, non è più un partito. Lo Statuto dice che il Pd è un partito ‘di iscritti e di elettori’. Ovviamente se diventasse solo un partito di elettori diventerebbe un’altra cosa… Uno spazio politico e non un soggetto politico. Ma non siamo a questo e non finiremo lì”. Smentisce i numeri il vicesegretario del partito Lorenzo Guerini: “Le notizie sul numero degli iscritti al Pd, pubblicati oggi su organi di stampa e sui cui si sta costruendo una polemica inutile e strumentale, sono infondate”.

Per ora è una semplice anticipazione, ma difficile che in pochi mesi si possa arrivare al dato del 2013. Che le cose non stessero andando per il verso giusto in termini di raccolta fondi e nuovi iscritti si è capito domenica 28 settembre a Bologna. Le primarie per la scelta del candidato alla Regione hanno portato alle urne solo 58mila elettori, con un flop senza precedenti soprattutto nella terra rossa di volontari e feste dell’unità. L’Emilia Romagna nonostante questo in termini di iscritti è l’unica a resistere e da sola raccoglie nel 2014 circa 50mila adesioni.

Il partito “rottamato” che da tempo Matteo Renzi predica, comporta anche un cambio nella struttura che spaventa i dirigenti. La testa è già al bilancio. La riduzione del finanziamento pubblico ai partiti (che per il 2017 arriverà a zero) comporta che i soldi arrivati in cassa dallo Stato siano quest’anno 12,8 milioni (nel 2011 ad esempio erano 60). E se gli aderenti non contribuiscono almeno con le tessere, il futuro per la cassa del partito sarà sempre più nero. I dati scoraggiano in tutta Italia. Si è vicini al numero di zero tessere in Puglia, Sardegna, Molise, Basilicata e Sicilia. A Napoli nel 2013 gli iscritti erano 70mila, oggi guardando anche alle province si arriva a malapena all’ordine delle centinaia. Torino conta per ora 3mila aderenti, mentre solo l’anno scorso erano 10mila. Venezia non è da meno: in dodici mesi si è passati da 5500 tessere a 2mila. In Umbria erano 14mila, oggi sono meno della metà. Un risultato preoccupante per i 7200 circoli presenti in Italia e gli 89 all’estero.

 

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