Essere uomini e portarsi dietro ogni luogo comune sulle  intenzioni, sui modi di essere, di pensare e di agire, su dove si vuole andare a parare quando si intavola una discussione con una donna, su quale sia la considerazione generale  che si ha nei confronti dell’altro sesso, è faticoso.

Essere uomini, in questo modo e in questo mondo, è cosa ingrata. Perché tutti questi luoghi comuni? Perché esistono e sono ben presenti in ogni uomo. A livello individuale, possono forse trovarsi degli argini o una dimensione più contenitiva, a livello di gruppo, di solito, invece bisogna adeguarsi e seguire le linee comuni che vanno in esternazioni verbali ed agiti poco rispettosi, quando non invadenti o addirittura aggressivi. Attenzione, non voglio semplificare, cercherò di spiegarmi al meglio. Non voglio dire che per tutti gli uomini sia così, ma che per tutti valgano delle tendenze su cui poi ognuno ha sì libertà di scelta e di opposizione, ma relativa.

In circostanze frequenti, tra uomini, se qualcuno fa una battuta sessista, si assiste ad una cooperazione per sostenerlo, se non per entrarvi in competizione con battute o espressioni di tenore analogo. Il gruppo di maschi sperimenta una sorta di temporanea unione di intenti in grado di abbattere qualsiasi differenza precedente. È una gara a chi ce l’ha più lungo senza temere il confronto. Tacere significa far passare che non si è abbastanza uomini. Non sia mai!

Ogni uomo sa di cosa sto parlando, senza voler generalizzare, in realtà, possiamo tranquillamente permettercelo. Anche per uscire fuori da certe tendenze bisogna prima consapevolizzarle e prendere atto che ci si vive immersi. Il luogo comune siamo anche noi.

In passato gli stereotipi di genere erano rigide regole della società che non venivano messe in discussione perché funzionali all’ordine costituito che doveva essere preservato, per farlo gli uomini utilizzavano la forza, la costrizione e l’assuefazione. La società ci credeva davvero, non si pensava in torto. Lo stereotipo non veniva certo classificato come tale, era l’espressione dell’andamento naturale delle cose.

Oggi possiamo permetterci di evidenziare e criticare tutto questo, grazie ai movimenti delle donne, ma non ancora di risolverlo. Molte cose sono cambiate e stanno cambiando, ma è anche un momento di stasi prodotto, a mio avviso, dal fatto che le donne hanno ormai fatto il possibile per indicare le strade percorribili, ora sta agli uomini e, sebbene fasce di popolazione maschile si muovano in direzioni adeguate, esse sono nettamente minoritarie.

Non è un atto di accusa nei confronti del genere maschile, un tale atteggiamento altrimenti non farebbe altro che frenare un cambiamento che già di per sé viaggia a velocità ridotta. Chiunque si senta accusato si difende ed invece di stare sul contenuto dell’accusa è più facile attacchi o si sottragga al confronto. La mia quindi è solo una constatazione dalla quale partire. Sono stato abbastanza uomo e ho frequentato abbastanza uomini per parlare con cognizione di causa, all’incirca per 36 anni. Ogni uomo è legato con le catene agli stereotipi sessisti, c’è chi ha una catena più lunga e chi una più corta, ma l’uomo veramente libero da stereotipi non  può essere un singolo individuo. Egli può realmente esserlo solo a livello collettivo.

L’individuo non può che rappresentare la comunità in cui vive, se ne può distanziare certo, ma la rappresenta perché ne è frutto, anche il suo dissenso nasce comunque dal suo particolare modo di stare nella collettività. L’uomo emancipato, in una comunità portatrice di stereotipi, è solo uno schiavo ben agghindato per il giorno di festa, ma che negli altri giorni rivela tutta la sua sottomissione. L’uomo libero vive in una collettività libera.

Non mi sento esente da stereotipi sessisti, proprio in virtù del fatto che la realtà sociale ne è piena e ci faccio i conti con parenti, amici, colleghi di lavoro, sconosciuti, fino ad arrivare a farli con me stesso davanti allo specchio. Con gli altri uomini, in presenza di sessismo conclamato o  strisciante, a volte posso intervenire, a volte non mi è possibile, a volte non saprei come spiegarmi, a volte mi sembra uno spreco di energie. Sempre di più però ne sento il bisogno.

Faccio azioni di sensibilizzazione, ma queste sembrano per lo più mirate a uomini già sensibilizzati, con più fatica raggiungo tutti gli altri che rimangono la maggior parte. Numerose volte gli uomini che mi circondano fanno battute sessiste senza che gli passi minimamente per la testa non solo la svalutazione della donna, ma anche la loro che ne è conseguenza diretta. Spesso farlo notare suscita sguardi un po’ sorpresi ,un po’ ridanciani, un po’ rabbiosi come a dire: “Ma chi sei tu? Non sei dei nostri?Cosa vuoi?”.

Arrivare ad una unica consapevolezza maschile generale è l’obiettivo che dobbiamo porci, dal livello individuale è necessario partire, ma la strada da percorrere è la collettività maschile, altrimenti è una battaglia che non si vince. Ecco perché rilancio la necessità dei gruppi di autoconsapevolezza maschile come strumento di elezione per il cambiamento nelle questioni di genere.

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