È la Cina che sta punendo Apple o è Apple che sta punendo la Cina? Il 19 settembre verrà lanciato il nuovo iPhone 6 a livello globale. Ma non in Cina, nonostante sia proprio nelle fabbriche cinesi che l’iPhone viene assemblato. La casa di Cupertino dice che la nuova data per il lancio sarà comunicata a breve, ma intanto fioriscono le ipotesi, nel passaparola e sui social media.

La prima ipotesi – la Cina sta punendo Apple – è che il ministero cinese dell’Industria abbia negato all’ultimo minuto i permessi ad Apple, mentre tutti i rivenditori si stavano già preparando all’ordalia di vendite. In questo caso c’entrerebbe la sicurezza. Il caso Snowden ha spinto le autorità cinesi a soppesare tutte quelle tecnologie di massa, legate all’informazione, che potrebbero prestarsi ad attività di di spionaggio da parte delle agenzie Usa. Sotto i riflettori, in questo caso, ci sarebbero le funzioni di geolocalizzazione dell’iPhone. Va detto che in Cina che l’uscita dei primi modelli di smartphone Apple era ritardata. Nel 2013, l’iPhone 5 arrivò invece in parallelo con il resto del mondo.

Nel secondo caso – Apple sta punendo la Cina – si tratterebbe invece di un dispetto di Cupertino ai tre principali operatori del Paese, China Mobile, China Unicom e China Telecom, che da giorni, nell’offrire ai clienti i pacchetti legati al nuovo iPhone, si erano lasciati andare a indiscrezioni sempre più rivelatrici, fino addirittura a pubblicarne foto e dimensioni. In questo caso, i tre colossi della telefonia, che hanno già accettato abbondanti pre-ordinazioni, perderebbero la faccia, in uno psicodramma tutto cinese.

Compare qua e là un po’ di orgoglio offeso: “Apple guarda la Cina dall’alto in basso”, capita di sentire. Anche perché il prodotto sarà invece puntualmente commercializzato a Hong Kong, dove molti fan dell’iPhone progettano a questo punto un viaggio lampo per procacciarsi il prezioso aggeggio.E non si tratta di soli acquirenti. Corre voce che diversi rivenditori faranno incetta di iPhone proprio a Hong Kong per poi rivenderli nella Cina continentale. In questo caso, il prezzo al dettaglio lieviterà, ma fa niente: nella Cina di oggi esiste un nocciolo duro di consumatori di alta gamma che innesta portafoglio gonfio, individualismo sfrenato e totale subordinazione agli ammiccamenti del mercato sul tradizionale materialismo dei cinesi. La promozione del proprio io passa attraverso l’oggetto di culto e cosa c’è di meglio dei prodotti Apple, il marchio che si è imposto arrotondando gli spigoli alla tecnologia di consumo?

Nel gennaio del 2012, al lancio del modello 4S, a Pechino scoppiarono tafferugli quando il locale Apple store non aprì per esaurimento ordini, lasciando con un palmo di naso centinaia di clienti che si erano ammassati alle sue porte durante la notte. In quella fila c’erano i rampolli viziati del nuovo ceto medio ma anche decine di lavoratori migranti assoldati da bagarini che si proponevano di fare incetta di smartphone per poi rivenderli ai nuovi ricchi, per nulla intenzionati a farsi quella faticaccia. L’intera stratificazione sociale della Cina odierna al cospetto di uno status-symbol.

Per Apple il mercato cinese è fondamentale: da aprile a giugno le vendite dei suoi prodotti sono cresciute del 28 per cento (in altri Paesi si va dall’1 al 6 per cento) e la regione composta da Cina continentale, Hong Kong e Taiwan rappresenta ormai il secondo mercato dopo gli Usa, con il 16 per cento dei ricavi complessivi.

Gabriele Battaglia

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