Io l’ho capito di notte, e mi spiace per chi non lo capisce mai o troppo tardi.

Cosa ha capito, Roberto Calderoli?
Niente di geniale, roba semplice, umana: quanto vale la vita, cos’è la vita; quanto tempo sprechiamo, cos’è lo spreco di tempo.

Il leghista Calderoli non era filosofico. Calderoli sbraitava: parolacce, leggi porcate, tattiche d’aula.
Io ho fatto la chemioterapia a Modena e di notte, perché la notte davvero mi sento me stesso, la passavo accanto a mia mamma: ora non c’è più. E io ho paura di non esserci stato abbastanza, quanto volevo, quanto dovevo con chi mi ha amato e chi mi ama. Oggi sono stanco.

Il Senato da sopprimere e riformare l’ha inchiodata a Roma.
Io adoro il mio lavoro, io sono contento che esista, perché mi distrae e mi ha aiutato in questi giorni. Mia mamma è morta, e sono stordito, devastato. Quando sono tornato qui, a Bergamo, ho avvertito una brutta sensazione, molta tristezza. Sono andato al cimitero, ho incontrato mia sorella, i signori delle pompe funebri, ho svolto quelle terribili pratiche burocratiche che devi fare nel pieno di un lutto.

E che fa domani, Calderoli?
Sistemo il mio Maggiolino del ‘72, manca qualche litro di olio, e vado a Cuneo, a trovare la mia compagna e mio figlio, che non vedevo da più di due mesi. E poi lunedì mi ricovero, mi devono “tirare” tre vertebre e togliermi dei fili. Quando sono caduto ho perso i sensi: terapia intensiva. Ho detto al primario che mi sarei riposato a casa e invece sono rientrato a Roma.

Non mollerà mai la politica?
Io tra un po’ smetto: finisco con le riforme, che sia questa legislatura, corta o lunga, o la prossima. Aprirò un ristorante, in Piemonte: Langhe, tartufi, carni, vini, prezzi modici. Volevo fare qualcosa per la gente, forse ci riuscirò più da ristoratore che da uomo di partito.

Calcola ogni particolare, cerca di prevedere ogni conseguenza. Sarà mica diventato saggio?
Io programmo le giornate, le settimane e i mesi, oggi mi ripasso le carte per la legge elettorale. Così mi tranquillizzo. Ma ora penso che l’importante sia vivere, sopravvivere. Ho subito sei interventi in due anni e sono stato due volte in rianimazione. Mi chiede di domenica? Io spero di esserci domenica, di essere ancora qui a rompervi le scatole.

Non fa vacanze?
Diciamo che non sono un tipo che ne trascorre molte. Vi devo raccontare questa, io ancora non ci credo. Era il viaggio di nozze.

Divertente?
Un disastro, una comica fantozziana. Era il ‘98. Un deputato di Forza Italia, molto potente, mi consiglia un villaggio a Villasimius in Sardegna. Aspetti, non quello dei Ligresti.

E allora?
Un posto elegante, quasi di lusso. Per convincermi mi disse che la famiglia reale belga lo trovava fantastico.

Non vi è piaciuto?
Piacere? Un inferno, ragazzi.

Un inferno?
Insomma, intendiamoci, quello era il nostro viaggio di nozze e avevamo un letto matrimoniale con due materassi accatastati in orizzontale: appena ti stendevi, sprofondavi in mezzo con il sedere. Poi vado in bagno e rompo la tavoletta del cesso; ritorno in camera e parte la musica da discoteca nei locali sotto. Un giorno e siamo scappati, poi mi telefonò Umberto Bossi.

E che voleva?
Mi chiamava con insistenza, mi voleva a Milano: e sì, le anticipo la domanda, anche quella volta l’ho accontentato.

Ha nostalgia dei leghisti con le ampolle?
Tanta, tantissima. Eravamo noi, ragazzi, con i pantaloncini, la sfrontatezza, le idee pazze, però eravamo veri.

E poi, la secessione da voi stessi.
Il partito era Bossi, poi il malore di Umberto, soprattutto gli scandali dei soldi. Adesso la Lega è in ripresa. All’epoca Bossi mi voleva lasciare la guida del partito, ma c’era bisogno di Bobo Maroni.

Quando ha conosciuto Bossi?
Mio cognato è stato il primo consigliere leghista in provincia di Varese. E dunque l’ho visto a casa di mia sorella, era un carnevale.

In maschera?
Niente trucchi, soltanto buon cibo. Al battesimo di un mio nipote, mi disse che aveva bisogno per le candidature al Comune di Bergamo e così, per scherzo, ci ho provato. Il primo discorso era in dialetto stretto bergamasco, incomprensibile.

Calderoli è appassionato di colpi di testa.
Ne ho presi di colpi in testa, anche col martello.

Non esageri.
Davvero, mi portarono al pronto soccorso. Era al liceo classico, c’era un picchetto e non mi facevano entrare a scuola. Io mi consideravo e mi considero un anarchico. Superai il blocco per sfida, non per altro, volevo solo fare casino. E allora un ragazzo mi diede una martellata.

Studente monello.
Nella mia vita ho fatto bravate che non posso confessare perché sono penalmente rilevanti. Mi sono diplomato e laureato con il massimo dei voti, però non sono mai stato un secchione. E facevo tanto sport: discesa libera di sci, poi la moto enduro, le macchine da rally. Ho vinto anche dei premi, lo facevo a livelli professionisti. Spesso le cose mal si conciliavano, ma la mia famiglia mi sosteneva.

Sportivi?
Eccome. Una volta mia mamma supplicò la professoressa di giustificarmi per un compito di greco, perché avevo una gara di moto.

E la professoressa?
Mi mise zero, rimandato a settembre. Così decisi di prendermi un biennio per accorciare i cinque anni in una scuola privata.

È benestante la famiglia Calderoli?
Mio padre era un dipendente dell’Asl, poi ha fatto la libera professione, ma otto figli non li cresci con leggerezza. Mi ricordo che al mare c’era concesso bere la Spuma, perché d’inverno il massimo era l’acqua gassata con la bustina di idrolitina. Però la Spuma andava diluita, sennò otto bicchieri non li riempivi.

Da bambino le faceva le ferie.
Soltanto se nostro zio ci prestava la casa a Lignano. Io il mare l’ho visto la prima volta che avevo più di dieci anni.

A Roma, da politico, se la spassa?
Quando finisco le mie cose, scappo a casa con la voglia di cucinare, poi mi fermo un attimo prima e compro una pizza al taglio o un panino pieno di schifezze. Non faccio vita notturna, in questo sono molto noioso.

Quanti errori ha commesso, Calderoli?
Ho detto e fatto tante cose sbagliate. Era anche un modo per finire sui giornali o in televisione.

Diabolico.
Dai, che lo sapete. Quando non esisti sui media, devi utilizzare certe espressioni.

Tipo: “La civiltà gay ha trasformato la Padania in un ricettacolo di culattoni. Qua rischiamo di diventare un popolo di ricchioni”.
Esatto, e me ne rammarico. Ognuno deve essere libero, può amare chi vuole, può donare affetto a chi vuole. Ma per le adozioni sono sempre contrario.

Sta cambiando, senatore?
Ho cercato di migliorare la mia immagine, anzi di far emergere la mia vera immagine, sono un po’ meglio di un orso, un burbero. Il rapporto tra la politica e la comunicazione è distruttivo. Le ultime campagne elettorali sono state vergognose, e ci metto dentro tutti i partiti, inclusa la Lega. Ci sta per travolgere un ciclone, e noi ci siamo comportanti come tanti comandanti Schettino.

Buon viaggio.
Sarà lungo, non posso rischiare con l’acceleratore del Maggiolino, anche se ho davvero voglia di passare due giorni con la mia compagna che abita lì (Gianna Gancia, consigliere regionale leghista, ndr). Non ci vediamo mai, in due mesi è capitato due volte: al funerale di mia madre, a un consiglio federale leghista.

E perché non si trasferisce?
Non potrei mai lasciare Bergamo, io abito in un bosco. Non vedo tetti, macchine o persone, soltanto animali: cani, lupi, oche, galline, cinghiali, a volte dei cerbiatti e poi l’orsa che mi ha scatenato un sacco di critiche.

Soffre di solitudine?
Ho subìto un trauma bestiale quando Gianna ha traslocato, ma era presidente della provincia di Cuneo e non poteva restare qui.

Ha rimpianti?
Ho paura di aver costretto a rincorrermi chi mi voleva bene o chi mi voleva abbracciare. Il mio è un mondo capovolto. Però penso di aver conquistato la fiducia dei politici, mi ha impressionato la vicinanza di Giorgio Napolitano, di Matteo Renzi e di Silvio Berlusconi dopo la morte di mamma. Berlusconi mi ha chiamato tutti i giorni, era amico di mia mamma perché gli ricordava la sua, si scambiavano dei biglietti: tante cose mi separano da Berlusconi, ma con me è sempre stato gentile. Io portavo mio figlio ad Arcore.

Oddio.
Mi accompagnava alle riunioni e parlava di calcio con Berlusconi. Una volta gli ha regalato un bellissimo orologio del Milan: l’ha messo in cassaforte, mai indossato perché mio figlio è juventino.

Non lo porta un po’ giro?
Soltanto una volta siamo andati a Eurodisney a Parigi, per lui sarà stato fantastico, io su quelle giostre mostruose mi sono cagato addosso.

Cosa le manca?
Mia mamma. E la sala operatoria: è un luogo che adoravo da chirurgo, meno da paziente, ma è un luogo che mi ha sempre affascinato.

Da Il Fatto Quotidiano del 10 agosto 2014

B.COME BASTA!

di Marco Travaglio 14€ Acquista
Articolo Precedente

Fecondazione eterologa: don Matteo e il demone Binetti

next
Articolo Successivo

Riforma Senato: ecco come Palazzo Chigi finirà per controllare Colle, Consulta e Csm

next