La Camera sarà di nuovo composta da nominati grazie all’Italicum basato sui listini bloccati e senza preferenze. Il Senato “delle autonomie”, invece, avrà 100 componenti che non saranno proprio scelti dagli elettori, ma da altri eletti, cioè i consiglieri regionali. Proprio sul Senato non elettivo, approvato insieme a tutto il ddl Boschi sulle Riforme dalla commissione Affari costituzionali di Palazzo Madama, ha rischiato un inatteso testacoda il mega-patto tra maggioranza (Pd e gli altri), Forza Italia e Lega Nord. Uno dei relatori, la presidente di commissione Anna Finocchiaro, aveva infatti presentato un emendamento con il quale si legava la scelta dei nuovi senatori alla composizione dei consigli regionali, premiando così di fatto i partiti più rappresentanti e annullando invece quelli più piccoli. L’altro relatore, il leghista Roberto Calderoli, si è ribellato: ha disconosciuto l’emendamento, ha ritirato la firma e, insieme al Nuovo Centrodestra, ha preteso e ottenuto la modifica. All’emendamento è stato tolto un “tenuto conto” ed è stato approvato: in sostanza con questo testo (che ora sarà esaminato dall’Aula del Senato e poi dalla Camera) entra in Costituzione che l’assemblea di l Senato non è più elettivo e che sarà composto da 100 tra consiglieri regionali e sindaci. “Sono molto soddisfatta. Esce dalla Commissione un buon testo. E’ stato rispettato l’impegno a far uscire il ddl entro oggi e di questo ringrazio la Commissione” commenta il ministro Maria Elena Boschi che ci crede: “Approviamo tutto entro l’estate“. “E’ una giornata di straordinaria importanza per il paese – aggiunge il presidente del Consiglio Matteo Renzi – il processo di riforme strutturali avviato sta producendo tappe con un ritmo giusto. Non facciamo le corse, approviamo le tappe in tempi regolari, dopo anni di ralenti andiamo a velocità normale”.

La prima discussione sugli emendamenti non inizierà prima di lunedì 14, in ritardo rispetto agli auspici di Renzi e della stessa Boschi. Si comincerà a votare al termine di tre sedute. Lì, in Aula, sarà ancora un’altra partita. Ci sarà da capire la portata dell’ostruzionismo annunciato da M5s e Sel (che già hanno cominciato in commissione) e il peso e la coerenza dei dissidenti dentro il Pd, dentro Forza Italia, dentro il Nuovo Centrodestra, dentro i “nanetti” di governo, come i Popolari per l’Italia. Al centro del mirino di tutti questi, ovviamente, il Senato non elettivo. 

Renzi: “Non mi preoccupa il voto del Senato
Il capo del governo ostenta sicurezza: “Non ho preoccupazione per il voto” in aula al Senato. “Leggo di fronde, dissenso, crisi… Ma guardate che siamo tutti d’accordo sul 98 per cento dei punti“. Secondo Renzi “stiamo dando un grande segnale di cambiamento al Paese non solo semplificando le regole del gioco delle Regioni o la procedura di riorganizzazione del procedimento legislativo, ma stiamo dicendo che l’Italia può cambiare e che alcuni tabù possono esser vinti da una classe politica che ha coraggio”. L’elezione dei senatori? “Stiamo andando verso un Senato come quello tedesco. Non è vero che i senatori non sono eletti: c’è un’elezione di secondo livello”.

Relatori contro: Calderoli vs Finocchiaro
L’emendamento della Finocchiaro sulle modalità di composizione del Senato – contestato da Lega e Ncd – prevedeva che per l’elezione si tenesse conto non solo della proporzionalità (rispetto agli abitanti delle Regioni) per l’elezione, ma anche della composizione dei consigli regionali. Secondo Lega e Ncd si sarebbe trattato di una “finta elezione” che avrebbe favorito nella sostanza solo partiti e movimenti più rappresentati e svantaggiato i più piccoli. L’elezione di secondo grado dei futuri senatori, era il ragionamento, rischia di essere troppo vincolata alla reale composizione dei consigli che, in alcune Regioni, sono eletti con il premio di maggioranza. La proposta del governo sarebbe stata quella di affidare a una legge ordinaria ordinaria i criteri per definire il criterio della “composizione“. Ma non è bastato e si sono messi al lavoro tutti: il sottosegretario Luciano Pizzetti (Pd), la Finocchiaro, Calderoli, la Boschi, Paolo Romani per Forza Italia e alla fine l’intesa è arrivata grazie all’ok del leader del Nuovo Centrodestra, Angelino Alfano.

Legge elettorale in Costituzione, contrari Ncd e Lega
Ma ci sono anche altri due nodi da sciogliere, come spiega l’agenzia politica Public Policy. Il primo è la norma, contenuta in un emendamento della Finocchiaro, che inserisce in Costituzione la legge elettorale, così come chiesto da Forza Italia. Sulla disposizione, però, non c’è il consenso di Ncd e Lega Nord. Per questo non ha firmato l’emendamento. Una soluzione sembrava essere stata trovata durante la seduta di questa mattina, quando la parte che inserisce la legge elettorale in Costituzione era stata ‘spacchettata’ dall’emendamento sulle modalità di elezione, che tanto oggi ha fatto discutere la maggioranza. Un accordo sulla questione – riferiscono fonti Ncd citate da Public – “non è stato ancora trovato”. Quindi al momento, con l’emendamento che rimane spacchettato, la legge elettorale per la scelta dei futuri senatori (un sistema proporzionale basato su listini) potrebbe essere inserita tra le norme transitorie del ddl. In altre parole: il sistema elettorale potrebbe valere solo per il periodo di transizione tra l’entrata in vigore della riforma costituzionale e la nuova legge ordinaria che dovrà essere fatta dalle Camere.

Forza Italia, in 22 chiedono il rinvio della discussione in Aula
Forza Italia, invece, a detta del capogruppo Paolo Romani, si dice soddisfatta. Ma i problemi per i berlusconiani – soprattutto sul Senato elettivo – sono tutt’altro che finiti. I senatori “dissidenti” di Forza Italia non mollano e in 22 chiedono di rinviare l’avvio della discussione in aula del disegno di legge sulle riforme a dopo la riunione dei gruppi di Forza Italia con Silvio Berlusconi. Tra i 23 ci sono Augusto Minzolini e Cinzia Bonfrisco. “Alla luce della riunione dei gruppi parlamentari prevista con Silvio Berlusconi nei prossimi giorni, i sottoscritti senatori chiedono il rinvio dell’incardinamento in Aula del testo di riforma del Parlamento allo scopo di ottenere il risultato unitario che vogliamo garantire al presidente Silvio Berlusconi e al processo di riforme urgenti che il Paese attende”. In tutto il gruppo di Forza Italia al Senato conta 59 parlamentari. “Sul voto non ci sarà dissidenza, Fi non frena” sottolinea Denis Verdinial termine della riunione avvenuta tra i senatori una riunione dei senatori:più che dissidenza, ha spiegato, all’interno del gruppo siano presenti “opinioni diverse”. Verdini, uomo delle riforme di Berlusconi, ha anche incontrato la stessa Bonfrisco. Se rispetteremo il patto del Nazareno? “Assolutamente sì”. 

Anche Romani è sicuro: “La riunione del gruppo al Senato è andata bene. I 22 colleghi, 17 di Fi e 5 di Gal avevano solo chiesto di aspettare qualche giorno per portare in Aula le riforme. Questi giorni ci sono stati e martedì prossimo all’assemblea dei parlamentari con Berlusconi molti di loro hanno detto che si atterranno alle indicazioni di partiti. Noi non siamo impositivi e abbiamo voluto Minzolini in commissione proprio per rappresentare posizioni diverse”. All’assemblea congiunta dei gruppi di martedì ci sarà un voto? “Non credo si voterà, non è nella nostra tradizione votare in un’assemblea congiunta dei parlamentari”.

Di Maio: “Pd, confusione e perdite di tempo”. Renzi: “Incontriamoci”
Intanto continua il pressing del Movimento Cinque Stelle sul Pd per arrivare al tavolo sulla legge elettorale e sul resto dei 10 punti. “Il Pd di Renzi doveva essere il partito della velocità – scrive il vicepresidente della Camera Luigi Di Maio – Con noi si sta rivelando quello della confusione e della perdita di tempo”. Di Maio si chiede che fine abbia “fatto la lettera che doveva mandarci il Pd. Qualcuno ha visto passare il piccione viaggiatore che la portava?”. Dopo poche ore rincara la dose in una conversazione con l’Ansa: “Incredibile che, dopo che noi abbiamo inviato la lettera con le 10 risposte, il Pd non si sia ancora fatto sentire. Non è un atteggiamento serio”.  A lui arriva la risposta di Renzi: “La settimana prossima vorrei incontrare di nuovo i 5 Stelle, se saranno contenti di incontrarci”. La loro lettera di risposta al Pd, spiega, sulla legge elettorale “dice che sulla stragrande maggioranza dei punti siamo d’accordo”.

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