Ci sono otto titoli sul tappeto verde del Mineirao e uno nella testa dei ventidue in campo. Durante la notte di gala di Belo Horizonte dovranno coltivarne il sogno con le energie rimaste e quelle inaspettate, infuse da due missioni aperte che hanno radici diverse ma ugualmente profonde. Brasile-Germania è il primo tempo della guerra tra i due emisferi. Semifinale da giocare come se fosse l’atto conclusivo, replica del 2002 quando a decidere fu Ronaldo, fisionomia da fenomeno che oggi mancherà. E’ un altro Brasile ed è anche una Germania diversa rispetto a dodici anni fa.

Sembra un paradosso nel mondiale che vede ciondolare sulla testa della Selecao la spada del Maracanazo, ma la pressione è tutta sui tedeschi. La carta dice che i favoriti sono loro dopo l’infortunio di Neymar. La stella mancante oggi sarà in tribuna come una sorta di statua da mostrare a chi andrà in campo e ai duecento milioni che pregheranno perché resti un imperativo il ‘nunca mais’, mai più, urlato dai giornali sessantaquattro anni fa. Dalla vertebra incrinata di O Ney, che avrebbe voluto provare a rientrare in un’eventuale finale, i verdeoro potrebbero aver tratto addirittura un beneficio mentale, mentre sarà tutto da decifrare il peso della squalifica di Thiago Silva. Felipe Scolari lo sostituirà con Dante, brasiliano di tedesca quotidianità con la maglia del Bayern, per provare a compensare la distrutta affidabilità garantita fin qui dal centrale del Paris San Germain e da David Luiz. Felipao potrebbe decidere di plasmare un 4-3-3 dettato dalle circostanze oppure lanciare Willian, che non è Neymar ma dovrebbe interpretarne il ruolo. In entrambi i casi i piedi migliori saranno di Oscar, scalpello con cui scalfire le certezze difensive della Germania.

Gli uomini di Loew sono a un bivio, quello al quale i tedeschi hanno troppo spesso perso la bussola. Quattro anni fa la teutonica macchina da guerra si spiaggiò sul colpo di testa di Puyol. Oggi è una squadra meno spettacolare ma più matura, solida, stabile e con grande duttilità. E ha saputo far passare in secondo piano le assenze di Reus e Gundogan, gli innesti di maggiore qualità rispetto alla versione sudafricana. Non ha servito lezioni di calcio come fece con l’Argentina, presa a pallettate a Città del Capo in un 4-0 caporetto per la Seleccion di Maradona. Ha però più regolarità, corre meno rischi e vive bene la consapevolezza che il ciclo aperto nel 2006 necessita di una vittoria per sostanziarsi. Altrimenti sarà solo una nuova versione delle tante Germania rimaste sospese nel limbo. Non renderebbe giustizia a una squadra capace di vincere 28 dei 31 incontri giocati dopo il Mondiale 2010 e con una striscia aperta di sedici risultati utili consecutivi. Attorno ai duelli LahmHulk sulla destra e KroosLuis Gustavo a centrocampo ruotano gli equilibri della semifinale. Ma per avanzare ancora Loew dovrà decidere se confermare la ‘torre’ Klose o inserire un ‘cavallo’ tra Schurrle, Gotze o Podolski contro Dante, non un campione di velocità. Al netto della conoscenza del gioco, negli scacchi la differenza è data da chi ha disputato più partite. Nessuno vanta l’esperienza della Germania a questi livelli. Scacco al re o ennesima illusione? La mossa è decisiva. 

Così in campo:
Brasile (4-3-3): Julio Cesar, Dani Alves (Maicon), Dante, David Luiz, Marcelo; Fernandinho, Luiz Gustavo, Paulinho; Oscar, Hulk, Fred. Allenatore: Scolari 

Germania (4-3-3): Neuer; Lahm, Boateng, Hummels, Howedes; Khedira, Schweinsteiger, Kroos; Muller, Klose (Schurrle), Ozil. Allenatore: Loew 

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