Da mesi ricevo sulla messaggistica di Facebook e tramite email, insulti e minacce a proposito dei miei reportage dall’Ucraina. Gli insulti si sono accentuati dopo i miei articoli dal Donbass, teatro di scontri sanguinosi tra l’esercito ucraino e i separatisti filo russi, che il diritto internazionale considera terroristi. Gli insulti verbali (“stronza”, “nazista”, “ignorante”, “zerbino della Cia” ecc.) si sono trasformati in liste di proscrizione quando i titolari anonimi – dato che non si firmano- del sito “ConflittieStrategie” hanno iniziato a postare una mia fotografia, scattata assieme ad altre, a febbraio, sulle barricate di piazza Maidan a Kiev, dall’interprete e fotografo (con i quali stavo lavorando) a corredo dell’articolo che sarebbe uscito in seguito a proposito dei diversi gruppi e militanti dei partiti coinvolti nella rivolta contro l’allora presidente Yanukovich. Le definisco liste di proscrizione perché sotto la mia fotografia, diffusa l’altro ieri sul web via Twitter, compare questa affermazione: “Una giornalista del Fatto quotidiano si fa fotografare sorridente coi nazisti di Pravy Sektor”. Il Settore destro (traduzione dall’ucraino) è il gruppo ultranazionalista di destra che ha combattuto, con altri, a Maidan. Per questione di spazio accentuo solo che i suoi membri si ispirano a Stepan Bandera, che collaborò con i nazisti di Hitler durante la Seconda guerra mondiale. Dopo un anno fece un dietrofont indipendentista e finì nel lager di Sachsenhausen. Alle elezioni del 25 maggio i suoi seguaci hanno ottenuto, assieme all’altro partito nazionalista, Svoboda, il 2%.

Come cronista non sono interessata a giudicare le radici e le ispirazioni dei gruppi che ho incontrato e incontro sul campo, ma ciò che fanno, per raccontarlo in tempo reale ai lettori. La foto che mi vede sorridente accanto a un signore con elmetto, binocolo e macchina fotografica, è stata scattata in una giornata di tregua, nonostante i poliziotti antisommossa, armati di tutto punto, fossero al di là della barricata in posizione di allerta – lo mostro nelle foto appartenenti alla stessa serie, che però non sono state postate , forse perché non interessanti al fine dell’accusa di “nazismo”- quando tutti, compresi noi giornalisti, avevamo potuto tirare un sospiro di sollievo momentaneo e permetterci un sorriso. Ma non avrei dovuto, secondo gli anonimi di ConflittieStategie, perché il signore immortalato accanto a me (chiedeva a tutti i giornalisti una foto con lui per il suo album) era un “nazista di Pravy Sektor”. A dimostrarlo, a loro avviso, il drappo appeso a una albero sopra la sua testa: la bandiera di Pravy Sektor. Ora, a onor di cronaca, sulle barricate sventolavano molte bandiere, tra cui quella di PS. Il signore rubicondo di mezza età si muoveva su tutto il perimetro della barricata in questione e solo per problemi di luce l’abbiamo fatta in quel punto.

Che questa spiegazione tuttavia non suoni come una giustificazione, perché non ho alcun motivo di giustificare la decisione di fare una foto con un signore senza armi ma con un accenno di sorriso sulle labbra. Sulle sue inclinazioni politiche pregresse non so, posso solo dire che l’uomo in quel momento non stava combattendo e si è definito “apartitico”, impegnato a “testimoniare pacificamente la sua frustrazione contro un presidente corrotto che ha tradito la sua promessa elettorale”. Quel giorno mi erano tornate in mente le parole oneste e giuste del presidente Sandro Pertini a proposito del dovere dei cittadini di reagire contro i politici che tradiscono il loro mandato elettorale.

P.s. le altre fotografie della serie sono visibili liberamente sul mio profilo Facebook. Non avendo nulla da nascondere.

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