“Prendo atto di quanto mi è stato mostrato e al riguardo non so niente di tali rapporti”. Rispondeva così Corrado Clini ai magistrati quando venne interrogato il 12 ottobre 2013 dalla procura di Ferrara. Allora l’ex ministro all’Ambiente venne sentito in merito all’ipotesi di corruzione in concorso per la vicenda di incarichi professionali a vantaggio della convivente Martina Hauser. Ancora non era scoppiato il caso delle presunte super mazzette per appalti milionari per la riqualificazione di aree in Cina e Montenegro.

Al pm che gli chiedeva se fosse a conoscenza dell’esistenza della società Gbc olandese (la cartiera che tramite fatture false faceva passare i soldi del progetto New Eden dalla Giordania alla Svizzera passando dai paradisi fiscali delle Antille) e dei rapporti tra Med Ingegneria e Nature Iraq, Clini rispose di non saperne niente. E promise che “in ragione del mio mandato prenderò i necessari provvedimenti a tutela dello Stato italiano”.

Risposta che “non appare credibile”, scrive il gip Piera Tassoni nell’ordinanza di custodia cautelare, soprattutto alla luce di quanto emerso successivamente con i passaggi di denaro in conti svizzeri cifrati (codice Pesce era il conto che faceva capo a Clini sul quale sono transitati 1.020.000 euro). Lo stesso magistrato smonta la difesa del direttore generale del ministero dell’Ambiente, ribadita tra l’altro anche oggi davanti allo stesso giudice e in una lettera diffusa ai giornali. Il gip fa notare infatti che i rapporti di consulenza, assistenza tecnica e altro, svolti per l’attuazione del programma di cooperazione New Eden sono ascrivibili alle ong irachene (con sede negli Usa) destinatarie dei fondi, senza interferenza da parte del ministero. Considerazione che però “non scalfiscono il quadro indiziario” relativo al reato di peculato. “Il denaro – scriva il giudice – avendo una precisa destinazione non perdeva la sua natura pubblica” e le fondazioni irachene “non potevano usarlo per fini diversi da quelli per cui era stato erogato”. E aggiunge: “Certamente non per corrisponderne parte agli indagati, fra cui il pubblico ufficiale che aveva disposto l’erogazione dei finanziamenti”.

Ma dalle 48 pagine emerge anche un’altra notizia: l’indagine per riciclaggio della procura di Lugano che  vede tra gli indagati anche Clini. Lo si apprende dalla rogatoria datata 27 marzo 2014, con la quale la magistratura elvetica chiede collaborazione con Bologna e Ferrara “nell’ambito di un’indagine per riciclaggio di denaro”. E pensare che tutto era partito da una umile cantina di Amsterdam. Qui la polizia olandese eseguì una perquisizione il 19 marzo 2012. Il locale era in affitto alla società Gbc che lo aveva adibito a magazzino. Tra quegli scaffali comparve la documentazione della Med Ingegneria di Ferrara, le 11 fatture emesse da Gbc a Nature Iraq e altrettante emesse da Orient Invest ltd a Gbc e tre emesse da Collshade a Orient. Era il famoso “castello di fatture false”, per usare le parole del gip, che sosteneva il passaggio di denaro nei conti svizzeri cifrati. Tra cui il codice Pesce, a disposizione di Clini, con bell’e pronti un milione e 20mila euro.

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