Via libera da Bruxelles alla discussa e tormentata rivalutazione da 7,5 miliardi di euro delle quote della Banca d’Italia in mano alle banche. La Commissione Ue, che a febbraio aveva chiesto chiarimenti, non indagherà per aiuti di Stato agli istituti beneficiari del provvedimento del novembre 2013, convertito comunque legge dopo alcune modifiche chieste dalla Bce e forti scontri in Parlamento. Antoine Colombani, portavoce del commissario alla concorrenza Joacquìn Almunia, ha spiegato che “la Commissione ha esaminato attentamente le informazioni trasmesse dalle autorità italiane a proposito del decreto del 30 novembre 2013” con cui è stata disposta la rivalutazione delle quote di via Nazionale detenute da molti istituti di credito. Ed è giunta alla conclusione di non procedere ad alcuna indagine per aiuti di Stato proprio “in base alle informazioni ricevute” nonché “tenendo conto del fatto che Bankitalia è una banca centrale” e che la struttura della sua proprietà è “molto specifica”. 

Si chiude così il sipario sul provvedimento che aveva provocato l’ira di alcune forze politiche (a partire dal M5S) e osservatori. Ma che è comunque servito per coprire il mancato pagamento dell’Imu (non per niente il decreto sulla rivalutazione è stato battezzato Imu-Bankitalia) e in parte anche, dopo il raddoppio dell’aliquota fiscale a carico delle banche, lo sgravio Irpef da cui derivano i famosi 80 euro in più busta paga per 10 milioni di italiani. Ma che non è stata sufficiente per rafforzare il patrimonio degli istituti di credito in vista dell’esame della Bce e dei successivi stress test. 

In sintesi il provvedimento ha rivalutato a 7,5 miliardi le quote (oltre la metà delle quali in mano alle due big, Intesa Sanpaolo e Unicredit) i cui valori erano fermi dagli anni ’30 a 300 milioni di lire (156 milioni di euro) e ha disposto la loro progressiva alienazione con l’obiettivo di suddividere il capitale tra più soggetti. Il flusso di dividendi aumenterà in un primo momento ma nel tempo sarà equivalente a quello attuale.

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