Sarà che mancano ancora 30 giorni al voto per le Europee, ma il dibattito europeo in Italia lascia davvero a desiderare.

Il 25 maggio gli italiani saranno chiamati a votare per il rinnovo del Parlamento europeo. Si tratta con ogni probabilità delle elezioni europee più importanti di sempre visto che a Bruxelles si parla addirittura di una legislatura costituente visto che i prossimi eurodeputati potrebbero partecipare ad un eventuale cambiamento dei trattati Ue.

Ma il dibattito sull’Europa in vista del voto è davvero raccapricciante, almeno fino ad oggi. Si ha l’impressione di avvicinarsi all’ennesimo test per i grandi partiti, un’occasione di mostrare i propri muscoli e per i dinosauri della politica italiana di misurare il proprio appeal. Un referendum su Berlusconi, una  prova di gradimento sul governo Renzi,  la scalata  del Movimento 5 Stelle, la prova del nove per la Lega Nord, il battesimo di ferro per i Nuovo centro destra

Poi ci sono gli eterni populisti che – al di là dei giochi di parole sul cosa “populista” significhi – cercano di vendere fumo agli elettori agitando spasmodicamente i soliti o nuovi specchietti per le allodole: la burocratica Bruxelles, l’Euro, i lavoratori stranieri che ci rubano il lavoro e via dicendo.

Per carità  non si  tratta  di  un fenomeno solo italiano: Marine Le  Pen  – pauvre la France  – ha parlato apertamente di “elezioni europee come referendum sull’Europa e l’Euro”.

La verità è che bisognerebbe, almeno per una volta, essere seri e smetterla di prendere il cittadino elettore per il naso. Andando a votare alle Europee – in Italia come in Francia come in tutta Europa – non si va a dire si o no all’Ue, né alla moneta unica, né a questo o quel governo nazionale. Votare alle  elezioni europee vuol dire decidere  di mandare al Parlamento europeo l’istituzione che in ogni democrazia rappresenta (o almeno  dovrebbe) gli  interessi dei cittadini persone oneste e preparate.

Mi  piacerebbe assistere a un dibattito europeo sulle vere sfide che l’Europa dovrà affrontare: condivisione del debito oppure no, unione fiscale oppure no, tassazione sulle transazioni finanziarie oppure no, politica immigratoria comune oppure no, politica energetica comune oppure no, diritti civili comuni oppure no, ulteriore integrazione politica oppure no, e tanto altro. Questi sono gli argomenti che dovrebbero animare i dibattiti dei nostri politici e candidati, non i decreti del governo Renzi, la fedina penale di Berlusconi o il blog di Beppe Grillo.

Un esempio di campagna europea interessante  – ma che in Italia sta passando praticamente inosservata – è quella tra i candidati alla presidenza della Commissione europea dei partiti politici europei. Parliamo del numero uno del futuro Esecutivo comunitario, mica noccioline.

Diciamo la verità: a parlare della lunghezza del cocomero non è tanto Bruxelles quanto l’Italia (e gli altri Paesi membri).

P.s. Una nota è doverosa: alcuni sprazzi di dibattito europeo tra i candidati e partiti c’è, come ci sono dei candidati che potrebbero lavorare bene in Europa. Ma siamo ben lontano da quanto i cittadini avrebbero bisogno.

Twitter: @AlessioPisano

www.alessiopisano.com

Articolo Precedente

Europee, per chi vota un sincero liberale?

next
Articolo Successivo

Berlusconi: “Per tedeschi lager mai esistiti”. Pse: “Dichiarazioni spregevoli”

next