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Napoli, compravendita di senatori. Berlusconi al centro di una nuova inchiesta

Sarebbero coinvolti una decina di parlamentari che si dichiararono disponibili a votare contro il proprio partito in cambio di soldi o altri benefit. I reati ipotizzati coinciderebbero con finanziamento illecito e corruzione. Intanto Prodi ha dichiarato a Servizio Pubblico (in onda giovedì 13 febbraio), che non si costituirà parte civile nel filone già in tribunale del caso De Gregorio
Napoli, compravendita di senatori. Berlusconi al centro di una nuova inchiesta
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Svolta nell’inchiesta sulla compravendita di senatori. A Napoli, secondo le indiscrezioni riportate dai principali quotidiani, è stato aperto un nuovo filone di indagine che toccherebbe Silvio Berlusconi: una decina di parlamentari disponibili a votare contro il proprio partito in cambio di soldi o altri benefit. I reati che sarebbero stati ipotizzati, al momento senza indagati, coinciderebbero con finanziamento illecito e corruzione.

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I fatti in questione sarebbero il voto sulla sfiducia al Cavaliere andato a vuoto il 14 dicembre 2010 e altre votazioni relative alle vicende giudiziarie che coinvolgevano l’ex premier. Si tratterebbe dei casi Ruby e diritti televisivi. La convinzione dei magistrati, sostenute anche dalla testimonianza di Sergio De Gregorio, l’ex senatore dell’Idv che ha patteggiato nel primo filone dell’inchiesta una condanna a un anno e otto mesi, è che ci fosse un vero e proprio “sistema di elargizione” che ha coinvolto partiti e parlamentari. Anche per questo sarebbe stato acquisito dalla Guardia di finanza l’elenco dei parlamentari che, nelle diverse occasioni, votarono contro l’indicazione del proprio partito in commissione e poi in aula. Intanto l’ex premier Romano Prodi, in un’intervista che andrà in onda giovedì 13 febbraio a Servizio Pubblico ha dichiarato: ”Non mi costituirò parte civile. Non è Prodi che è stato offeso, ma è molto di più. È il Paese che è stato offeso: è il governo, è il Senato, sono i partiti italiani, è la democrazia italiana”.

Le verifiche prenderebbero le mosse da quanto avvenuto il 14 dicembre del 2010 quando la mozione di sfiducia a Berlusconi fu respinta alla Camera per 314 voti contro 311. Le indagini si focalizzerebbero sul ruolo decisivo dei quattro deputati di Fli – citati da Corriere della Sera e Repubblica – che si schierarono a favore del Cavaliere e contro l’indicazione del loro gruppo, guidato da Gianfranco Fini: Catia Polidori, poi nominata sottosegretario allo Sviluppo; Maria Grazia Siliquini, poi designata nel Cda delle Poste; Giampiero Catone, diventato sottosegretario all’Ambiente; Silvano Moffa, eletto presidente della commissione Lavoro della Camera.

Gli accertamenti, affidati al Nucleo di polizia tributaria, puntano a scoprire eventuali collegamenti tra il voto dei quattro deputati e le loro successive nomine. Un altro momento sotto la lente della magistratura riguarderebbe la votazione del 5 aprile 2011, quando la Camera sollevò conflitto di attribuzione davanti alla Corte Costituzionale sul caso Ruby. In questa occasione, scrive il Messaggero, decisivi furono i voti dei Lib-dem Daniela Melchiorre e Danilo Tononi, oltre che dell’ex Mpa Aurelio Misitì. Il giornale di Roma cita poi i parlamentari ex Fli “che a febbraio 2011 impedirono che Berlusconi fosse perquisito in relazione al caso Ruby”: Roberto Rosso, Giulia Cosenza e Luca Barbareschi.

E’ intanto in corso a Napoli la seconda udienza del processo per la compravendita di parlamentari, in cui è imputato Berlusconi, dove è presente anche il faccendiere Valter Lavitola. Tra i banchi come avvocato di parte civile di Italia dei valori, è tornato anche Antonio Di Pietro, già protagonista dell’udienza di ieri.

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