“Negli Stati Uniti le banche che hanno chiuso sono state dieci volte di più rispetto all’Europa, dove quelle deboli dovrebbero uscire dal mercato“. E’ quanto ha dichiarato il presidente della BceMario Draghi, al quotidiano svizzero Neue Zuercher, spiegando come questo è quello intorno a cui ruota la valutazione degli istituti in atto. “Stiamo prendendo la cosa molto seriamente”, aggiunge, “nel caso in cui ci fossero debolezze, le metteremmo in luce e prenderemmo le appropriate contromisure”.

Il numero uno dell’Eurotower assicura che il denaro dei contribuenti “sarà utilizzato solo come ultima risorsa” nel caso di fallimenti delle banche. E rileva che “non si tratta di ottimismo: le nuove regole europee, che non esistevano quando la crisi è scoppiata, prevedono questo tipo di meccanismo. C’è un impegno a livello di ministri delle Finanze e di capi di Stato che prevede il coinvolgimento dei creditori delle banche”. Secondo Draghi i mercati e gli investitori devono infatti “sapere esattamente lo stato delle banche europee: vogliamo la massima trasparenza, dal momento che solo così gli investitori saranno pronti a fornire ulteriori capitali al sistema bancario”.

Quello del presidente della Bce non è il primo allarme sullo stato di salute degli istituti di credito, soprattutto italiani. L’agenzia di rating Standard & Poor’s ha fatto sapere nei giorni scorsi che la ripresa delle banche nostrane è ancora lontana, puntando i riflettori su “utili bassi, modesta capitalizzazione e aumento delle sofferenze”. E proprio le sofferenze bancarie, ovvero i crediti di difficile riscossione, a novembre 2013 – secondo un’analisi del Centro studi di Unimpresa – sono aumentate del 22,7% rispetto allo stesso mese dell’anno precedente, arrivando a sfiorare i 150 miliardi di euro.

Il numero uno dell’Eurotower ha poi affrontato il tema della ripresa dell’Eurozona. Draghi si dice “cauto su un eccessivo ottimismo” e fa sapere che “vediamo alcuni segnali incoraggianti, ma la ripresa nell’area euro è ancora debole e incostante“, sottolineando che i rischi di deflazione per l’Eurozona sono “limitati” e per l’inflazione “le aspettative sono saldamente ancorate nel medio termine agli obiettivi della banca centrale”.

Sul fronte della politica monetaria, infine, il presidente della Bce apre alla possibilità di usare “tassi negativi sui depositi se la situazione dovesse richiederlo”. E sottolinea la disponibilità di risorse per l’Eurotower “il cui uso dipende dallo scenario: ad esempio se i mercati del denaro dovessero fermarsi reagiremmo in maniera completamente diversa che se ci fosse un rallentamento della situazione economica”.

Articolo Precedente

Deutsche Bank, le avvisaglie della prossima crisi

next
Articolo Successivo

Pluralismo dei media? Basta una firma

next