“In Italia non cresce solo la disoccupazione ma anche la povertà“. Pesano come un macigno le parole del commissario dell’Unione europea al lavoro Lazlo Andor presentando il rapporto 2013 su occupazione e sviluppi sociali dove l’Italia spicca per alta disoccupazione e povertà di chi lavora, con stipendi con cui non riesce a vivere.

Dal 2008, anno zero della crisi a oggi l’Italia è il Paese che ha conosciuto il declino sociale più elevato fra chi ha un’occupazione. Oltre il 12% degli occupati non riesce a vivere con lo stipendio che percepisce. Solo Romania e Grecia fanno peggio (oltre il 14%) ma la loro situazione era grave già nel 2008.

La povertà tra coloro che si trovano in età lavorativa (18-64 anni), riguarda sia chi è fuori che chi è dentro il mercato del lavoro. Il rischio povertà, stando ai dati pubblicati oggi dalla Ue nel rapporto “Employment and Social Developments“, riguardano il 16,7% tra coloro che hanno tra 18 e 64 anni, ed il 17,1% della popolazione europea complessiva. Il dato è cresciuto del 2% negli ultimi 4 anni, spiega la Ue, con crescite più rilevanti nei Paesi del Sud, con valori superiori al 2,5% in Italia, Croazia, Estonia, Grecia e Spagna. Il nostro Paese, dice la Ue rielaborando dati Eurostat circa il 18% delle persone in età lavorativa a rischio povertà, peggio di noi fanno solo Spagna e Grecia dove si supera il 20% oltre alla Romani, dove però la crescita non è così forte.

Ma in Europa, l’Italia è il posto peggiore per chi, perso un impiego, ne cerca un altro. Le possibilità di trovare un’occupazione entro un anno sono si aggirano tra il 14-15%. Le più basse di tutti i 28 Stati membri dell’Ue.

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